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1988: la Warner lancia come lo Springsteen italiano, tappezzando tutta Milano di manifesti che recitano “Ho visto il futuro del rock italiano e il suo nome è Massimo Priviero” uno sconosciuto rocker jesolano. Buon successo di pubblico, critica che storce il naso per palese hybris. Poi il secondo album lo produce Little Steven: critica che si accoda e scodinzola, pubblico che continua a rispondere. Poi arriva il grunge, arriva Ligabue che fa concorrenza sullo stesso terreno e da buon emiliano sa fare il simpatico, cosa che al chiuso veneto Priviero proprio non riesce, arriva Tangentopoli che spazza via la Milano da bere che aveva accolto il musicista veneto che capisce finalmente cosa non gli tornava nell’ambiente che lo circondava. E cambiano i discografici. La solita storia: tu non sei il cavallo su cui ho puntato, etichette sempre più piccole, l’oblio del grande pubblico. E poi le scelte sbagliate. Per prima l’ansia di scrivere e pubblicare album tralasciando i live, da sempre punto di forza di Priviero, che magari avrebbero potuto convincere e affezionare quella parte di pubblico un po’ alternativo un po’ no, che si stava guadagnando il Liga a suon di gigs. E ancora: Little Steven Van Zandt che invita Priviero a trasferirsi in Usa, e il nostro che dice di no, perché vuole farcela qua. Proprio mentre tutti lo abbandonano. Un disco, Rock in Italia, che vende non proprio bene in Italia ma va alla grande in Giappone. Naturalmente non ci si fa neanche una data.
È un racconto minuzioso, appassionato, duro con le major e con se stesso, quello che Priviero fa in questa lunga intervista di Matteo Strukul: senza indulgenze e senza rancori, ma con lucida coscienza. La stessa che ha portato il rocker jesolano a non vendersi mai, ad attraversare una fase di riflessione che lo ha avvicinato al combat folk rock dei Gang e di Massimo Bubola durante gli anni 90, a scoprire una vena acustica inaspettata e un’ispirazione storica perlomeno inconsueta in chi fa rock, strettamente legata alle tragedie della sua terra: la Prima Guerra Mondiale, gli alpini sul Don, la Resistenza.
Grazie all’attività live, ripresa alla grande dalla metà degli anni ’90, Priviero un suo seguito fedele se l’è conquistato, alla fine, tanto che la Universal lo ha chiamato e gli pubblica quest’anno un doppio live più dvd. Strukul, vecchio e fedele fan, ha ben pensato di dedicargli questo volume. Quasi a risarcire i torti subiti nel tempo.
Articolo del
24/05/2010 -
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