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I Ragazzi della Via Stendhal, edito da Aerostella e scritto da Pietruccio Montalbetti - storico leader dei Dik Dik - è il ritratto di una generazione, la narrazione di cinquant’anni di vita italiana: dalla guerra, la povertà, gli stenti di un periodo particolarmente duro per il nostro paese, alla ricostruzione, al boom economico, con tutta la voglia di ripartire verso il futuro, verso quelli che sarebbero stati i “favolosi anni Sessanta”, con il ’68 e la rivoluzione culturale che avrebbe cambiato davvero il mondo. Per sempre.
Montalbetti ricorda e ci regala un’autobiografia speciale, ricca di aneddoti. Ci parla dell’amicizia, quella vera, delle bande di ragazzi in cui "potevi entrare solo se qualcuno garantiva per te, dopo di che dovevi promettere che mai e poi mai avresti fatto la spia a danno dei tuoi compagni"; fa rivivere i personaggi che popolavano il suo quartiere; ci racconta dell’impresa di suo padre, che nel 1960, senza una gamba, riuscì a compiere il giro d’Italia in motorino in soli quindici giorni. Sembra di vederlo mentre, mandato in collegio a Pavia, a studiare, viveva in silenzio, tra la preghiera e le lezioni all’istituto tecnico; lo immaginiamo poi mentre lavorando duramente in cantiere, proprio di fronte alla casa discografica Ricordi, comincia a sognare di fare parte del mondo della musica e decide di imparare a suonare uno strumento musicale; lo vediamo alle prese con la sua prima chitarra, con il suo primo gruppo - i The Dreamers - con la speranza, lo sconforto, ma anche le prime soddisfazioni, i festival in ogni angolo d’Italia. Ci tuffiamo nella "culla della nuova musica", la Milano dei locali, degli artisti geniali, delle case discografiche e delle opportunità.
Ma questo libro è anche e soprattutto la narrazione della nascita dei Dik Dik, dell’incontro con un giovanissimo Lucio Battisti, della fortunata collaborazione con Mogol; dei viaggi e del successo, del declino e della ripresa. Grazie a questo bel romanzo, Pietruccio Montalbetti ci suggerisce che il viaggio è tutto. Ciò che importa è la speranza, l’orizzonte. È il desiderio che spinge a raggiungere il traguardo. Che la sua generazione abbia vinto oppure perso – ci dice – non è importante. Ciò che conta è godersi il percorso.
Articolo del
16/06/2010 -
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