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Francamente ero un po’ dubbioso. La fascetta recita: “Rock e noir: una miscela esplosiva. Quando la musica incontra la letteratura”. Poi però, succede che questo è davvero un bel romanzo, che lavora di immaginario sulla vera rapina da 203.000 dollari ai Led Zeppelin, in quel di New York, nel 1973. Rapina di cui fu sospettato persino il mastodontico manager della band, Peter Grant.
Buhrmester ci si esercita. E si figura un gruppo di delinquentelli di Baltimora che per svariati motivi hanno bisogno di grana. Patrick Sullivan, diciannove anni spesi bene o male a seconda de punti di vista, scampato alla galera dopo un colpo andato a male (e per cui è finito dentro il suo socio Alex), se n’è andato a New York, a lavorare nel catering dei grandi alberghi. È qui che ha l’idea della rapina agli Zep (da buon fan dei Black Sabbath, geniale, questa), che pensa bene di realizzare reclutando la vecchia ghenga: Alex appena uscito di galera, il di questi sciagurato e pasticcione zio Danny, gli amici Frenchy e Keith. Le cose si complicano, però: l’unico modo per contattare gli Zep è tentare di vendere una vecchia chitarra a Jimmy Page. Keith ha la bella pensata di promettergli una Les Paul del 1958, una delle chitarre più rare del mondo. Una a Baltimora c’è: nel banco dei pegni gestito dalla feroce gang di motociclisti Sacri Spettri. Da qui, lascio a chi legge. Il romanzo avvince, è ben scritto, credibilissimo nel restituire la Baltimora criminale dei primi anni 70 (Buhrmester giura di essere cresciuto in quel tipo di ambiente, a Kankakee, Illinois, eletta “peggior città del Nord America”), arredamenti, slang, vestiario, gusti musicali, rapporti uomo-donna, attraverso mille piccoli particolari. La gang dei Sacri Spettri offre ammiccamenti a Pulp Fiction che non dispiacciono (la mania di citare la Bibbia del capo dei Sacri Spettri, Backwoods Billy), così come in diversi capitoli (che spesso prendono il titolo da una canzone, così come il romanzo nell’edizione originale, Black Dogs) si respira un clima alla Jackie Brown o alla Gioventù bruciata (la scena della ruota panoramica).
Più che un romanzo, un microcosmo. Sarà per questo che è in arrivo il film. Che dev’essere una figata come il libro. Intanto, Buhrmester giudica la copertina di Fanucci “la migliore che abbia trovato”, è felice che la pubblicazione in Italia gli abbia dato la possibilità di gustare il gelato alla Nutella, e si chiede se nella traduzione abbiano “cambiato il nome di Patrick in Giuseppe”. Tranqui, Jason: ha molto ben tradotto Tommaso Pincio, a cui va un bravo di cui – vabbé – non ha certo bisogno.
Articolo del
28/07/2010 -
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