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Uno dei guai del rock italiano è senz’altro la dipendenza dai modelli stranieri, ovvero l’andare a traino delle nuove tendenze senza proporne una per primo o in contemporanea con quanto accade altrove (i tedeschi, invece, hanno prodotto il kraut rock e il motorik; i francesi la patchanka; i norvegesi il black metal; islandesi, svedesi e giapponesi singoli artisti assurti al rango di indiscusse star internazionali come Björk, Abba, Cardigans, Ryuichi Sakamoto, Pizzicato Five...). Uno dei maggiori meriti del nostro rock è però, d’altro canto, l’aver saputo produrre in almeno un paio di occasioni una risposta di così grande qualità da ottenere riconoscimento e attenzione pure all’estero, specialmente nei Paesi anglosassoni, là dove abitano gli Dei.
Il primo episodio si ebbe negli anni 70, con il progressive italiano: soprattutto la Pfm, ma anche Le Orme e il Banco del Mutuo Soccorso in misura minore, ebbero importanti riconoscimenti, anche di classifica, all’estero. Il secondo episodio fu negli anni 80, con la differenza che i riconoscimenti di classifica non ci furono né in Italia né all’estero, e che si trattò di un fenomeno tutto underground, sebbene nato in perfetta contemporaneità con quanto succedeva all’estero. Ma la scena “esplose”, imponendosi all’attenzione degli appassionati di musica alternativa d’allora, solo nel 1985: ovvero quando da un paio d’anni i canali dell’industria culturale di massa si erano irrimediabilmente chiusi ai fermenti innovatori che provenivano dal basso. Così, oggi, di meravigliosi gruppi come Allison Run, Sick Rose, Not Moving, No Strange, Avvoltoi, Peter Sellers & The Hollywood Party, Effervescent Elefants, Pikes In Panic e via dicendo. Le prime parole di questo documentatissimo libro di Roberto Calabrò sono sacrosante: “C'è un buco nero nella storia della musica italiana. Un buco nero che sembra avere inghiottito quella che per lo spazio di un lustro è stata un'incredibile esplosione di colori e creatività: l'effervescente scena neopsichedelica, garage e beat che tra il 1985 e il 1990 ha segnato in modo indelebile l'underground di casa”. Calabrò compie un lavoro di archivistica eccezionale: ricostruisce i prodromi della scena, il suo “esplodere” dovuto alla compilation Eighties Colours (da cui il titolo del libro) voluta dal giornalista Claudio Sorge, allora in forza a Rockerilla, il moltiplicarsi di uscite discografiche, spesso dovute alla passione dello stesso Sorge e di Federico Guglielmi di Mucchio Selvaggio, improvvisatisi discografici, l’imporsi di alcuni gruppi anche all’estero, la riconosciuta importanza della scena italiana alla pari con quelle statunitense e scandinava, il suo scemare progressivo (proprio quando si pubblicavano capolavori assoluti come God Was Completely Deaf degli Allison Run), dovuto allo spostarsi delle sonorità rock su altri lidi, in particolare quelli del grunge. Calabrò procede come una macchina da guerra, analizzando disco per disco, dando la parola ai protagonisti, riportando i giudizi della stampa musicale d’allora, tanto più interessanti quando provengono dall’estero. Al di là di una certa ripetitività d’impianto, quello che se ne ricava è il respiro della scena, la sensazione netta del suo nascere, crescere, affermarsi e svanire. Un piccolo miracolo che fa dimenticare qualche lieve inesattezza sui gruppi che meno impatto hanno avuto a livello nazionale (come gli splendidi Alice in Sexland, che non erano di Bassano del Grappa, ma della Bassa padovana e di Rovigo, e che in Cecoslovacchia finirono pure in tv, ricevendo le chiavi della città dal sindaco di Praga: certo, il loro Lp dà solo una pallida idea di cos’erano dal vivo e su demo) e si associa all’indubbio merito di aver dissolto l’oblio che circonda queste formazioni: degli anni 80 italiani si ricorda la parte più wave e darkettona, molto meno innovativa e originale di quest’altra. Un ottimo libro, che merita senza dubbio il titolo di “miglior libro indie dell’anno” tributatogli al MEI di Faenza.
Peccato solo, vista la scarsità di documentazione reperibile su YouTube, che non sia stato allegato del materiale sonoro al libro. Mica un cd per forza: si poteva anche allestire una pagina web con streaming delle migliori canzoni trattate.
Articolo del
18/08/2010 -
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