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Questo libro di ben 400 pagine, spalmate su quarant'anni di carriera, spesa fra i Re Cremisi, gli Yes, ed Earthworks (solo per citarne alcuni), è invece una sorgente vitale per sopravvivere nel violento, e insidioso, mondo della music(business)a. Bill, distinto sessantenne inglese, ormai divenuto una celebrità, non ha peli sulla lingua. Lo si può ammirare, in queste pagine, impegnato nel ridurre in poltiglia le leggende sulle rockstar. Incapace di essere fagocitato da un mondo lussuoso e ricco di falsità il buon Bruford ci svela, con profonda ironia (tutta inglese), i retroscena di questo chiacchierato mondo. Si va dalla passione ingenua, e sfrenata, degli inizi in "Fragile" (Yes) allo sconforto in momenti di poca ispirazione di "Starless And Bible Black" (King Crimson). Bill non ha paura di mostrare il terrore di una bacchetta sfuggita dalle mani di fronte agli spalti gremiti di un auditorium, o di criticare un colpo meno fluido della sua mano sinistra. Il racconto insiste spesso sul dolore (molto intimo) del distacco da moglie e figli per interminabili tour lontani da casa. Il corteggiamento spietato ai King Crimson, band per cui qualunque musicista (a detta dello stesso Bill) avrebbe fatto carte false, si alterna ai progetti solisti e all'irresistibile influsso che il jazz ha esercitato sulla sua lunga carriera. Gli insostenibili, quanto divertenti (per chi legge), scontri con Robert Fripp che, parafrasando lo stesso autore, viene descritto come l'uomo con un piano che ha una personalità fra Stalin, Ghandi e il Marchese De Sade. E ancora per dirla con le sue stesse parole: "Quando ammetto, riluttante, che sono un musicista, di solito la reazione - dopo che ci hanno pensato su un attimo di troppo - è: ’Si, ma di giorno cosa fai?’, adorabile, oppure: ’Si, ma in pratica cosa fai?". Questo batterista, che nel progressive ha dettato legge, si dimostra anche un narratore snello e pungente. Il suo parto ha il senso del ritmo (come potrebbe essere altrimenti?) e tempistiche teatrali, inanella aneddoti divertentissimi e profonde riflessioni su un sistema apparentemente perfetto, ma pronto a venderti un biglietto di sola andata per l'inferno. Il dorato music business perde smalto di fronte alle dichiarazioni del vecchio, indomato, leone delle pelli. Troppe ansie, invidie e squali girano, in cerchi sempre più stretti, intorno ad una preda completamente sfigurata dagli eventi e dalla velocità con cui le cose sono cambiate, anche grazie all'avvento dei pc che il buon Bill non sembra amare particolarmente. Ne ha viste cose Bill (che noi umani non potremmo immaginare neanche fra dieci vite) ed è qui per raccontarcele al meglio delle sue possibilità; l'infanzia felice, l'amore per il rock, tradito definitivamente con la musica suprema per eccellenza: il JAZZ. In mezzo a tutto questo è possibile trovare storie irresistibili: il braccio di ferro fra musicisti impegnati ad arrivare in ritardo per dimostrare la loro importanza o le notti passate a gareggiare su chi può vantare il conto più alto. Non potrete che sorridere di fronte allo scontro titanico fra Al Di Meola e Tony Levin, con un imbarazzato Bill a fare da mediatore. Bruford è un fuoriclasse, un uomo curioso nella vita e nella musica, insofferente alla staticità. La sua voglia di cambiare il mondo è chiaramente espressa dalla necessità, impellente, di suonare ogni sera musica diversa, chiaro sintomo di un atteggiamento da musicista jazz, status raggiunto molto più in la nel tempo, con fatica e sudore. Venti capitoli costruiti sulle domande che si è sentito rivolgere in quarant'anni di dirompente carriera. Bruford si dilunga un po' troppo, a dire il vero, in alcuni passaggi che rendono la narrazione molto discorsiva ma complicano la vita a chi vuole seguire la sua luminosa carriera in maniera lineare. Passati i sessanta da un pezzo, e dopo essersi tolto molte soddisfazioni e più di un sassolino dalle scarpe, Bill decide di smettere, lasciando un po' di benzina nel serbatoio e le pelli leggermente tirate nel caso una ripartenza, una tantum, sia necessaria. Da leggere assolutamente, che siate batteristi o no!
Articolo del
07/09/2010 -
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