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Finalmente arriva la traduzione italiana della recente biografia su Van Morrison scritta da Clinton Heylin. Tanto il lavoro è stato difficile e complicato quanto il risultato è esaustivo e confortante, e dalle sembianze enciclopediche. Basti pensare infatti che il libro pubblicato da Arcana e tradotto in italiano da Claudio Mapelli si articola su ben cinquecento pagine più una appendice che spiega le tante citazioni di luoghi e persone che creano più di un interrogativo lecito nel corso della lettura.
Si tratta di un lavoro ambizioso e ben fatto, che parte narrando le radici operaie di Van Morrison, nativo di Belfast, Irlanda del Nord. Il giovane George Ivan Morrison ammirava moltissimo suo padre e fu proprio da lui che ereditò l’amore sconfinato per il Blues e per la musica Soul. Dopo aver messo insieme i Them, straordinaria band di Rhythm & Blues dei primi anni Sessanta, Van Morrison arrivò in testa alle classifiche inglesi nel 1965 grazie ad un singolo come Gloria. Da quel momento in poi fu tutto un susseguirsi di cambiamenti in corsa - sia di manager che di stili musicali - fino ad arrivare alla pubblicazione di Astral Weeks, il suo primo album solo, datato 1968. Il libro racconta la genesi di quel disco, che ancora oggi viene considerato uno dei capolavori assoluti del Rock, e ritrae un musicista famelico ed inquieto, mai appagato, sempre desideroso di andare oltre. Moondance del 1970 fu un altro album di ottimo livello che - oltre agli apprezzamenti critici - gli consentì anche tanti passaggi radiofonici , che poi venivano tradotti in vendite di dischi. Non male, per uno come lui, che amava bruciare le tappe. Il testo di Heylin ci parla di un uomo misterioso e solitario, amante della riflessione e del silenzio, che però dal vivo si trasformava in un performer tanto bravo quanto inavvicinabile, talvolta pericoloso, se non era dell’umore giusto. Nella musica di Van Morrison le radici celtiche si fondevano con le sue influenze jazz e rhythm & blues, che diventavano la base ideale per le sue melodie appassionate e per il suo lirismo visionario. E’ la biografia di un uomo che non era soltanto un musicista ma anche un poeta introverso e misantropo quanto volete, ma che sapeva toccare le corde più segrete di quanti lo stavano ad ascoltare. Van Morrison, è cosa nota, non ha mai amato troppo socializzare con gli altri. Non ha mai sopportato a lungo i suoi collaboratori, i suoi musicisti, e non ha offerto un grande aiuto neanche a Clinton Heylin, che infatti raccoglie molte informazioni su di lui in maniera indiretta, attraverso interviste con quanti gli sono stati vicino nei diversi periodi della sua vita, non ultima Janet Planet, la sua ex moglie, testimone di tanti aspetti - non tutti positivi - del carattere di Van Morrison. L’autore riprende anche vecchie interviste del passato e riesce ad inserirle sapientemente nella narrazione, dosandole con occhio attento. Procedendo nella lettura si arriva a definire meglio le innumerevoli amabile contraddizioni interne alla figura di Van Morrison, sia come musicista che come uomo. Però - malgrado i tanti episodi riportati che potrebbero anche restituirci l’idea di una persona odiosa (leggete come ha trattato i Chieftains) - niente e nessuno potrà mai negare a Van Morrison il fascino e l’emozione che provoca l’impatto con la sua voce, che riesce a comunicare perfino oltre le parole, scarne e frammentarie, di certe sue canzoni.
Un ottimo libro, corredato di tante informazioni, a volte spietato, ma sempre godibilissimo.
Articolo del
15/09/2010 -
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