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A Taranto la locale squadra di calcio, che non vede più la serie B dal lontano 1993 e mai ha conosciuto la serie A, perde con l’Ancona lo spareggio promozione nella serie cadetta. Il presidente Vulpio è sull’orlo della rovina: indebitatosi per raggiungere la B, non ha la liquidità per sostenere un altro anno di C1. Ma il destino è in agguato: Luis Cristaldi, l’attaccante brasiliano ritenuto il più forte del mondo, in forza all’Inter pluricampione, annuncia di essere guarito da un male incurabile per merito del discusso Fratello Egidio, tarantino. Per riconoscenza verso il Signore, e perché glielo ha chiesto Fratello Egidio, giocherà un anno gratis nel Taranto. Il quale, intanto, viene ripescato in B, causa irregolarità nelle iscrizioni di altre società.
Comincia così un’avventura calcistica insperata per i tarantini e la loro squadra, intorno alla quale si dipanano un sacco di microstorie: quella di Carla, tifosissima del Taranto, e del suo promesso sposo Giorgio, raro esemplare di maschio che aborre il calcio; quella del sindaco Panìco, ex comunista digiuno di calcio che ha conquistato il Comune “grazie” al dissesto finanziario senza alcun precedente lasciato dal Centrodestra, che ha fatto di Taranto la città più indebitata d’Italia; quella di Armando, disoccupato cronico in depressione cosmica; quella di Pirro, giornalista foggiano della redazione del milanese Mondo sportivo che, per aver realizzato lo scoop sul passaggio di Cristaldi al Taranto, si aggiudica un anno di soffertissima trasferta a Taranto; quella di Giummo, cronista sportivo locale; quella di Gaia De Dominici, giornalista sportiva di Broadnet, la tv satellitare che dà in diretta tutta la serie A e B. e poi miriadi di personaggi minori, funzionali alla storia, tra cui spicca quello di Libero Mattolini, livornese trapiantato a Milano che il capoluogo lombardo non lo sopporta proprio, e che lascia intravedere in filigrana il calco del grossetano Luciano Bianciardi. Sul sogno tarantino caleranno eventi imprevedibili, mentre la città continua a vivere degrado ambientale e a subire il ricatto occupazionale dell’Italsider, morti sul lavoro comprese.
L’eroe dei due mari è diventato un caso letterario prima di uscire. Rifiutato da decine di editori, è invece superpiaciuto a Tommaso Labranca, che ne ha parlato benissimo sulla sua rubrica Collateral su Film Tv. Di qui la corsa ad accaparrarsi il romanzo. Nelle parole di Labranca (“Pavone descrive mirabilmente l’entusiasmo calcistico eccessivo, quasi irritante, di alcuni accidiosi personaggi che si muovono sullo sfondo delle decadenze, delle mollezze e dei veleni italsiderei tarantini. Un atteggiamento che potrebbe essere facilmente pantografato su tutto il Paese [...] Spero proprio che qualcuno lo pubblichi perché il romanzo oltre a essere divertente come una vecchia commedia all’italiana degli anni 70 è illuminante se si vogliono capire i recenti risultati elettorali”) c’è già tutto il senso del libro. Taranto diventa metafora dell’Italia: Provincia derelitta, violentata, sfruttata, priva di speranza, che nonostante il degrado in cui versa si riempie gli occhi con la sua bellezza paesaggistica, che sa prendere coscienza dei propri mali solo quando l’appello a indignarsi viene da un campione del calcio. Una Taranto-Italia piena di persone che della loro vita non sanno bene che fare, male accoppiate, volonterosi che non sanno parlare la lingua della gente comune, malintenzionati che la sanno parlare benissimo: un Paese, insomma, che ha smarrito se stesso e non sa ritrovarsi. Più che un film sarebbe da trarne una serie televisiva, un po’ come è stato fatto con Romanzo criminale di De Cataldo, tanta è la ricchezza dei personaggi, gli intrecci delle storie, la bellezza delle battute, alcune davvero spassose.
Finale agrodolce, che lascia intravedere una speranza, ma che vede i cattivi, ancora una volta, approfittare della smemoratezza popolare. Consigliato. Caldamente.
Articolo del
11/10/2010 -
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