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Guardando il titolo vi potreste chiedere che senso ha, oggi, leggere un altro libro su Hendrix dopo tutto ciò che è stato scritto e detto su di lui. Enzo Gentile, storico e giornalista musicale, ha presentato questo libro alla Casa del Jazz, in concomitanza con un concerto ad opera di Giovanni Falzone che di Hendrix ne ha fatto una rilettura free jazz. L’idea di Gentile è di fare chiarezza nel confusionario mondo di questo immenso artista.
Come? Andando a ricercare filmati inediti, interviste ai familiari e documenti secretati. Gentile prova a concretizzare quella famosa ipotesi di collaborazione con Miles Davis che, per motivi tecnici e di tempo, non vide mai la luce. Enzo si muove fra testi visionari, premonizioni e aneddoti, passando al setaccio la vita di questo alieno che si è abbattuto, come una tempesta elettrica, sul mondo della musica. In soli quattro miseri anni Jimi aveva usato i codici della musica nera per scardinare quelli della musica bianca. La sua ossessione per il tempo lo costringeva a scrivere, registrare e suonare anche per quindici ore al giorno. Stanco di essere considerato solo un chitarrista di rock classico, Jimi voleva essere che l’attenzione si focalizzasse sulle sue abilità compositive, il suo genio lo rendeva insofferente alle facili etichette. Una forte spinta propulsiva lo avvicinava al jazz dei tanto stimati colleghi/amici. In questo viaggio storico, con qualche linea di fantasia, Gentile fornisce una potente, e chiara, visione del mito e dell’uomo attraverso i suoi testi, la gioventù, le droghe e i rapporti con il suo lato più oscuro. Si va dai primi anni come session-man fino all’arruolamento e al congedo che Jimi ha sempre raccontato facendo passare la sua espulsione, come individuo indesiderabile, per un congedo dovuto alla rottura di una caviglia. Non potevano mancare in questo racconto i servizi segreti come l’FBI e l’MI5 che controllavano Hendrix a vista, considerato molto pericoloso e meglio in galera che sui palchi di mezzo mondo. Oltre ai divertenti aneddoti l’autore esamina alcune teorie sulla sua genialità, dovute secondo alcuni al fatto che non fosse un mancino puro, ma un ambidestro. Non mancano gli intrighi dietro le quinte di manager spietati, che sarebbero arrivati a sequestrarlo per due giorni, rafforzando la loro posizione, agli occhi di Jimi, di protettori della sua incolumità. Attraverso una serie di testimonianze di chitarristi, amici e musicisti del calibro di Gil Evans e Miles Davis emerge la personalità complessa, sempre in affanno, di un grande musicista e compositore, un uomo avanti di un trentennio che ha lasciato un’eredità, cosi vasta, che Gentile sostiene non sia ancora stata veramente ereditata fino in fondo da nessuno. Tale ampiezza non può essere ingabbiata nella tecnica o in mosse circensi, spettacolari, che tanto l’hanno reso famoso. Non mancano i racconti di chi a Milano e a Roma partecipò ai suoi infuocati concerti, di contro Enzo si sofferma anche sulle sue ultime apparizioni, stanche e fuori fuoco, con la mente proiettata verso la sua ossessione, quel jazz che tanto desiderava. Sommerso da una mole di lavoro, insostenibile per chiunque, Jimi ci lascia nel 1970. Il resoconto delle ultime ore di vita, come spesso succedere per i grandissimi, appare oscuro, pieno di contraddizioni e morti sospette. Secondo alcuni i paramedici, palesemente razzisti, arrivati sul posto fecero quello che serviva a Jimi per essere rianimato.
Al di là di congetture e teorie complottistiche il libro tradisce una profonda nostalgia, e senso di frustrazione, per la perdita di un genio assoluto che aveva espresso al minimo le sue potenzialità. Le ultime pagine si concentrano sull’infinita discografia che, a quarant’anni dalla sua morte, promette una spaventosa media di due uscite, all’anno, da qui fino al 2020 (sic!).
Di sicuro non lo santificheranno, anche volendo come potrebbero? Non si può santificare un DIO!
Articolo del
04/12/2010 -
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