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Chi ascoltasse l’album del 1981 Mauvaises Nouvelles des étoiles, prodotto da un Serge Gainsbourg in piena fascinazione reggae, complici Sky Dunbar e Robbie Shakespeare, potrebbe sorprendersi alquanto ascoltando la traccia numero nove della selezione. Già, perché quella Evguénie Sokolov che coniuga impeccabilmente ritmi giamaicani e progressioni armoniche parisiénnes, ha un testo alquanto particolare: una serie di pernacchie, peraltro perfettamente a tempo. L’espressione di stuporoso, e forse divertito, disappunto che si dipingerebbe sul volto del nostro ascoltatore potrebbe però dissiparsi sapendo che quell’ Evguénie Sokolov citato nel titolo della canzone non è altri che il protagonista dell’omonimo, e unico, romanzo breve del dandy musichiere, che esce ora nella collana economica Reprints di Isbn col titolo italiano di Gasogramma. Ovvero disegno a gas. Gas che sono quelli intestinali del nostro (anti)eroe, disegnatore e artista semifallito che trova la gloria, il successo, il denaro quando casualmente si trova a sfruttare l’imbarazzante patologia che lo affligge dalla nascita.
Metafora pregnante sul ruolo dell’arte nella società di massa, che porta alle estreme conseguenze scatologiche la vecchia polemica ottocentesca, di baudeleriana e gautieriana memoria, contro la mercificazione dell’arte. Con deciso piglio cambronniano, Gainsbourg strappa diverse risate e ritaglia la figura di un eroe ambiguamente autobiografico: come il grande Serge, difatti, Sokolov è un francese di origini slave. Il che apre interrogativi sul ruolo che l’autore di Je t’aime...moi non plus riteneva di occupare nel panorama artistico contemporaneo. Gainsbourg, difatti, sembrava guadagnare tanto più successo quanto più riusciva a épater le bourgeois: dal primo sexy disco della storia alla versione reggae della Marsigliese la sua storia è tutta lì. Come Sokolov, per certi aspetti, che quanto più è repellente, anche nei rapporti sociali e con la stampa, tanto più è ammirato e rincorso. Ma, a ben guardare, chi fa la figura peggiore? Il dickiano artista di merda o la società dello spettacolo che adora la merda. Alla fine, Gasogramma” è molto di più che una mera versione letteraria de Le Pétomane (personaggio, peraltro, realmente esistito): è un’acre satira dei meccanismi del mercato artistico, della debordiana società dello spettacolo (perfino nell’attenzione per una scienza che diventa attenzione al morboso e al patologico, senza utilità pratica), della vacua incomprensibilità dell’arte figurativa e sonora che quanto più si autoritiene esente dalla commercialità tanto più ne è dentro, quanto più si autorappresenta pregna di significati tanto più è vuota, quanto più si pensa comunicativa tanto più è incapace di comunicare.
Meglio allora essere quello che l’intellighentzia reputa un artista di merda. Paradosso dei paradossi, serpente che si morde la coda. Un apologo geniale.
Articolo del
18/02/2011 -
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