|
“Ventotto conversazioni con il leader degli Smiths” informa il sottotitolo. E che bisogno ne ho, dirai tu, lettore? Dipende dal tuo essere fan degli Smiths o no: se lo sei, questo libro è imperdibile. Perché, da vero esteta come quell’Oscar Wilde di cui confessa di aver letto tutto ciò che è stato scritto da e su di lui (e di non essersi ancora stancato), l’intervista è una delle forme d’arte a cui Morrissey si è dedicato, insieme alla composizione di alcune delle più straordinarie canzoni che negli ultimi trent’anni abbiano visto la luce in quest’angolo di universo. Palcoscenico perfetto per mettere in scena più che mai il proprio vero io, quello ideale costruito pezzetto per pezzetto nei anni passati in cameretta a struggersi su libri, film e pop songs, l’intervista diviene per Morrissey un immaginario ring con cui confrontarsi a suon di parole che fanno male come cazzotti con l’idiozia del mondo, delle sue convenzioni, delle sue strutture economiche, sociali e culturali, in un match impari in cui l’intervistatore di turno si trova a essere, volente o nolente, lo sparring partner che incarna la grettezza del pensare comune.
Ed ecco che così, alla maniera dell’amato Wilde, nascono aforismi, perle di saggezza regalate ai porci, battute paradossali con cui, in un elegante gioco di finte, il Bardo di Manchester denuda la Bruttezza del mondo e ne schiva i colpi. Morrissey, ultimo autentico divo pop, sa di essere il portabandiera delle emozioni e della Weltanschauung eternoadolescenziale di milioni di fans e come tale si comporta: sfidando il mondo e combattendo per loro. E che l’intervista sia parte essenziale dell’interpretazione appassionata e convinta di questo ruolo lo rivela lui stesso durante una conversazione con Paul Morley (voglio dire...) del 1988, riferendosi a sue dichiarazioni non vere apparse sulla stampa scandalistica: “Quando pubblicano queste frasi inventate, perché non sono favolose? Potrebbe rovinare tutta la mia opera preparata con tanta cura!” Battuta, sorriso spiazzante, auto-aumentarsi con tono scherzoso per apparire auto-sminuenti: ma il gioco delle finte non può nascondere che questa è la realtà.
Piccolo breviario che ogni fan di Moz dovrebbe portare con sé per frequente consultazione all’uopo di acquisire un eloquio che emuli il Sommo Modello, “L’importanza di essere Morrissey” è anche una piccola storia della carriera del Nostro (“Perché, ho una carriera?”). So, you need it!
Articolo del
14/03/2011 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|