|
A poco più di un anno e mezzo di distanza dalla definitiva rottura tra i fratelli Gallagher, tra chitarre sfasciate ed insulti reciproci, ecco fare capolino in libreria un opera che ha già il sapore dell’amarcord, che rilegge l’ ascesa della band dalla periferia di Manchester fino all’ olimpo della musica britannica toccando tutte le fermate dai primi anni ’90 alla metà del 2009. Definirlo saggio potrebbe essere riduttivo, io lo chiamerei più una sorta di monografia tascabile che analizza dettagliatamente ogni traccia di ogni album, comprese le b-side, in un’ ottica a tutto tondo che esplora il momento personale, storico, sentimentale ed espressivo: è anche grazie a loro (o con loro) se si è aperta la stagione della ‘Cool Britannia’, una fase di vento fresco e di orgoglio albionico in cui Londra è ritornata il centro del mondo. Perciò considero “Oasis. Be Myself” come una specie di enciclopedia, perché oltre a commentare quasi ogni verso di ogni brano, lo dilata, ne cerca i significati più intimi, li inquadra all’ interno della stagione politica e sociale britannica, spulcia tra le riviste e le interviste degli uomini più vicini ai Gallagher, li lascia osannare e stroncare: perché parlare di Oasis significa esclusivamente parlare di Liam e Noel Gallagher (non me ne vogliano i vari membri della line-up succedutisi). Allontanato ogni sospetto, gli Oasis sono stati oggettivamente una delle più grandi band a cavallo tra i due secoli, hanno segnato un’ epoca, nonostante sia ancora forte in molti la convinzione che si tratti di una colossale truffa musicale. In questo l’ autore Hamilton Santià riconosce la capacità di pochi di dividere in maniera tanto netta: il suo lavoro non è fatto per prendere una posizione a favore o contro, nemmeno per l’ esaltazione aprioristica, ma per cercare di capire cosa sono stati gli Oasis e come sono riusciti a diventarlo. Setacciando i testi con commenti annessi, si scava fino all’ infanzia difficile dei fratelli in quel di Burnage, periferia nord di Manchester, si rimarca il carattere chiuso di Noel ed i continui sbalzi d’ umore, si sottolinea l’ ombra pressante dei Beatles che influenzano le composizioni, si riesce persino a vedere col tempo una maturazione dell’ artista - e della band, compreso Liam che inizia a diventare autore di alcuni testi - che passa per una vera crescita umana. Non manca nulla, dal periodo delle droghe a quello dell’ onnipotenza, dalla voglia di emergere alla maturazione; Hamilton Santià infatti suddivide abilmente la storia degli Oasis in base agli album, che rappresentano le sette stagioni della loro esistenza: si va dal disco dell’ incoscienza (“Definitely Maybe”) a quello della presa di coscienza (“What’ s the Story Morning Glory?”), dall’ onnipotenza (“Be Here Now) alla bussola che non c’ è (“Standing on the Shoulder of Giants”), dal funerale di un cambiamento monco (“Heathen Chemistry”) ai due ultimi colpi di coda, sintomo della nuova e ridimensionata rinascita (“Don’ t Believe the Truth” e “Dig Out Your Soul”). Insomma, semplicemente un rabbocco per i ‘madferit’, tanta carne al fuoco invece per chi si avvicina per la prima volta incuriosito a questi ragazzacci perfetti rappresentanti del brit-pop.
Articolo del
09/04/2011 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|