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Fjällbacka, Svezia, 130 chilometri da Göteborg e altrettanti dalla Norvegia, nel mezzo di un incantevole arcipelago, riserva naturale, mattina presto. Viene ritrovato in acqua il cadavere di Sara Klinga, sette anni.
Comincia così questo giallo bello e terribile di Camilla Läckberg, della cui trama non vi dirò altro, se non che si fa leggere con desiderio e sgomento al tempo stesso. Un altro giallo svedese? Sì. Ma il suo fascino non risiede nell’indagine tra gli inconfessabili segreti di una piccola comunità, come scrivono tanti: mirabile cazzata, dato che questo è elemento costitutivo di ogni giallo, ambientato a qualunque coordinata geografica e in qualsivoglia ambiente sociale. Ciò che rende davvero speciale questo romanzo della Läckberg è l’indagine, serrata, in ogni tipologia del rapporto tra genitori e figli, conseguenza a sua volta del tipo e della qualità della relazione tra partner, in una spirale che si avvita su se stessa. In pratica ogni personaggio del libro è un’esemplificazione di uno dei rapporti di cui ho appena detto, anche i personaggi single e solitari, di cui risaltano pensieri e parole, atteggiamenti e caratteristiche che hanno determinato e determinano quest’assenza. Cosa tanto più notevole in quanto questo terzo romanzo della Läckberg (uscito in patria nel 2005!) fa parte di una serie tuta ambientata nello stesso paesino e in cui – giocoforza – ritornano gli stessi personaggi (per inciso, la serie in Svezia è già giunta all’ottavo romanzo). La storia è narrata lungo due assi: uno sincronico, che parla delle indagini intorno all’omicidio di Sara; l’altro diacronico, in quanto parte dalla cittadina di Strömstad nel 1923 per ricongiungersi, con tutto il suo carico di Male assoluto, totalmente concreto, umano e per nulla metafisico o paranormale, alla storia principale.
Un meccanismo perfetto, una capacità di rendere ogni personaggio molto più di un tipo, dotato di sfaccettature del carattere perfino sorprendenti, che ricorda nel suo funzionamento, se proprio vogliamo, l’Orlando furioso di Ariosto, che altro non è se non un catalogo di tutti i possibili modi di amare. Il paragone, ovviamente, non riguarda giudizi di valore, che rimangono ben distinti. Ma Lo scalpellino scaverà dentro di voi, costringendovi a riflettere sulle possibili conseguenze delle vostre azioni, per quanto ben intenzionate, sull’animo degli altri, e sulla difficoltà a comprendere quest’ultimo. Se poi siete genitori o avete in programma di esserlo, risulterà semplicemente sconvolgente. Consigliatissimo.
Articolo del
28/09/2011 -
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