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Bertoncelli ci ha preso gusto. Dopo gli ottimi riuscita e riscontro ottenuti con Sgt. Pepper. La vera storia (scritto in coppia con Franco Zanetti) e con 1969. Storia di un favoloso anno rock da Abbey Road a Woodstock, ora inaugura con questo bel volume una collana dedicata a “Gli anni d’oro del rock”, che comprenderà, oltre i due titoli già citati, volumi su 1967, 1968 e 1970. C’ è un piccolo aiuto dell’amico Franco Zanetti: è lui l’autore dell’ottimo saggio di apertura ai due anni vissuti pericolosamente dai Beatles, che, tra tentativi di linciaggio ad opera di dittatori filippini e fondamentalisti cristiani, intraprendono la strada che li porterà alle bellezze inesplorate della psichedelia e dell’espansione della coscienza. E due dell’altro amico Cesare Rizzi, che si dedica alle origini del garage rock del beat italico.
Bertoncelli, con il suo solito stile tra l’immaginifico e l’epico, perfetto per la narrazione della Leggenda Rock, si dedica invece a Dylan, Byrds, Beach Boys, scena di San Francisco, Who, Stones, Fugs, Velvet Underground, John Coltrane, Frank Zappa e a recensire 20 dischi che hanno segnato l’evoluzione della musica tutta in quei due anni cruciali: autori, 13th Floor Elevators, Archie Shepp, Buffalo Springfield, Kinks, Cream, Paul Butterfield Blues Band, John Mayall, Fred Neil, Joan Baez, Phil Ochs, Otis Redding, James Brown, Them, Monkees, Yardbirds, John Fahey, di nuovo Coltrane, Sun Ra, Donovan, Simon & Garfunkel. Come vedete, c’è tutto: folk, rock, blues, jazz, musica engagè e beatamente disimpegnata. Perché l’obbiettivo del libro è proprio rendere l’idea di fecondo crogiolo che furono quegli anni, rimescolamento e abbattimento dei confini dei generi nella coscienza degli ascoltatori se non ancora in quella di tutti interpreti (sono gli anni di Newport...) che porterà all’esplosione creativa degli anni successivi.
Chi ha una certa età ed è superappassionato molte cose le sa già: ma quello di Bertoncelli, Rizzi e Zanetti è sempre un bel narrare, e tra le pieghe dei loro racconti sbuca sempre il particolare inedito, l’aneddoto ancora non conosciuto, la prospettiva critica non considerata. E già per questo il libro vale l’acquisto. Per chi è meno ferrato, ma è appassionato di rock e vuole farsi una cultura mitologica, questo libro promette (e mantiene) semplicemente godimento senza fine. Unico peccato: ma siamo proprio sicuri che gli anni d‘oro del rock siano solo quelli tra 1965 e 1970? Dài, inutile avere il braccino corto.
Articolo del
02/11/2011 -
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