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L’america delle Kessler era un enorme dazebao bianco sul quale i due teutonici cuginetti gemelli (le kessler appunto) del protagonista, il ventitreenne neolaureato Tommaso, fanatici della geografia, biondissimi e hitlerianamente dispotici, sfogavano la loro morbosa passione per la scienza della terra, creandosi un’enorme America privata e immaginaria, fatta di città, fiumi, laghi, catene montuose e raccordi autostradali e ferroviari onomatopeicamente simili a quelli reali. Questo avveniva nel lontano 1980, in una torrida estate moraviana a Forte dei Marmi. Intorno a questo ricordo recondito della memoria si snoda la vicenda narrata da Stefano Sardo, contestualmente voce dei braidesi poprock heroes Mambassa, per ricostruire il percorso della sua formazione intellettuale, umana e amorosa. Un pretesto per dispiegare, nella gelida giornata del 22 dicembre 1995, la stasi di una vita rabberciata fra le pastoie della Provincia Granda che soffoca e l’illusione del Grande Sogno cinematografico che lo vorrebbe lontano da Cuneo anni luce, magari a Roma al Centro Cinematografico Sperimentale. Il retrogusto della metropoli assaggiato nel soggiorno universitario nella grande Torino, liofilizzato in innumerevoli sequenze cinematografiche metabolizzate e rivissute parossisticamente con dovizia di pose e dialoghi. L’onnipresenza della musica attraverso una colonna sonora eccellente (le selezioni che vagano dai MK a Costello, Cope e Afghan Whigs, Cave, C.S.I. and many more) che segna pedissequamente l'incedere di quella nevrotica giornata di dicembre, liquefatta fra la fedifraga Lalla, l’amore volato via con un aitante istruttore di parapendio, che torna ad ingombrare cuore e ormoni, sbornie malassorbite, efficaci characters di provincia (gli amici onnipresenti e pervasivi), le turbe postadolescenziali di un velleitario “dottorino” , il ritorno della cugina di Gerardo, la piccola lentigginosa divenuta stangona, strafica che non ti aspetti e che ti affascina mortalmente, le canne e il buon vino viatico alla fuga. Qui non siamo sulla Route 66, ma sulla Reale. Kerouac si chiama Cesare P. o al limite Cristiano G., il Roadhouse si chiama Le Macabre. Stefano Sardo conosce l’amabile arte del narrare, con gusto e efficace ricercatezza. Capace di spiazzare con umorismo soffice e con narrazioni morbide e pregnanti. Un romanzo di formazione lungo 24 ore. Una prova di strabiliante lucidità calligrafica. (pp 187, 8,25 €)
Articolo del
15/01/2004 -
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