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“Dopo la dettagliata spiegazione dei tempi&metodi del progetto, prima di concederci con una certa professionalità i canonici due giorni di riflessione, […] ciò che penso è: Io ’sta cosa non la faccio manco morto”. Bisogna capire le esitazioni di Simone Marcuzzi, l’autore del bel romanzo Vorrei star fermo mentre il mondo va (Mondadori, 2010) di fronte alla proposta di scrivere questo libro: dieci italiani che hanno conquistato il mondo, per cui essere fiero di essere nato qui? Di questi tempi? Evidentemente Marcuzzi ci ha ripensato, scegliendo “tra i tantissimi che hanno significato qualcosa per me, in qualche momento”. Ne esce un libro di dieci racconti che non celebrano pomposamente le italiche magnifiche sorti e progressive, ma restano per fortuna nel mood privato e intimistico della scrittura dell’autore pordenonese. Ogni personaggio è occasione di una madeleine proustiana con cui reimpossessarsi di un frammento della propria vita. Allo stesso modo, la propria esperienza diventa il modo in cui si costruisce una delle possibili identità nazionali: ecco così Pinocchio (scoperto da grandi) che convive con Moana Pozzi e questa con Rita Levi-Montalcini. Sergio Leone & Ennio Morricone coabitano con Luciano Pavarotti, Juri Chechi con Enzo Ferrari, Giorgio Armani tende la mano a Dante Alighieri e Leonardo Da Vinci.
Un personaggio di fantasia, due lontani nei secoli, quattro soli viventi, ma che o non sono più in attività o hanno già dato il meglio di sé prima d’ora: non un bilancio esaltante, per questa nazione, che mostra di non avere nulla di cui essere fieri di essere italiani in questo momento. A questo Paese schiacciato tra oblio degenerante e memorie schiaccianti, Marcuzzi indica timidamente e intimisticamente una terza via: gli italiani che hanno conquistato il mondo non possono che essere quelli del passato, in questo momento storico, tra i più bassi di sempre, certo; ma magari proprio essi possono, agendo in qualche inaspettato modo su chi vive oggi, contribuire a fornire del buon materiale per la costruzione di un tipo di italiano diverso. Contribuire: ché viviamo, per fortuna, in un mondo globalizzato e sicuramente sono di più gli esempi stranieri che ci formano rispetto a quelli italiani.
Libro carino, senza pretese, in attesa della nuova vera prova di Marcuzzi. Scritto, più che altro, con la speranza che “raccontare quel poco che brilla fluendo davanti ai nostri occhi ci aiuti a immaginare, sotto tanta ghiaia, quanta acqua possa scorrere”.
Articolo del
10/12/2011 -
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