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Roseto degli Abruzzi, 1964. Fine serata: l’orchestra e qualche amico cazzeggiano. Senza farsi notare, il quarantetreenne capo orchestra fa pipì sui pantaloni bianchi del chitarrista diciannovenne. Che, quando si accorge del brutto scherzo, scappa. Lo trovano alle due e mezza di notte, sotto un ponte. Il chitarrista è Ivan Graziani, il capo orchestra Nino Dale. Graziani poi perdonerà Dale e ci si affezionerà pure, dicono le cronache e la dedica di un pezzo, Nino Dale & His Modernists (1983, da Ivan Graziani). Ma è da un episodio apparentemente marginale e crudo come questo, narrato in questa splendida biografia di Ivan Graziani scritta da Lorenzo Arabia, che bisogna partire per capire il mondo poetico del cantautore e rocker teramano: non autore di sdolcinate canzoni d’amore, ma cantore di una provincia disperata e crudele e del suo scontro con una metropoli ancora più disperata e crudele. L’idea che aveva della vita vera Graziani la chiarisce Edoardo Morricone, suo vecchio amico dei tempi della scuola di grafica: “un chiodo arrugginito in una ferita”. Un selvatico di buon cuore e dall’aspetto gentile, capace però di essere dispotico fin oltre i limiti nella dinamica del gruppo, come ricordano diversi musicisti che negli anni hanno collaborato con lui. Ed è questa selvatichezza, questa sua incapacità di rapportarsi con il mondo paludato della discografia che alla fine, forse, ne ha limitato la carriera e la fama. Certo, Graziani ha goduto di un gran successo nello scorcio di anni tra la fine dei 70 e l’inizio degli 80. ma è indubitabile che non ha saputo gestire i rapporti con la discografia, oscillando tra una indisponibilità quasi totale al compromesso e la sofferta accettazione di imposizioni draconiane, tali da snaturare le sue canzoni. Una per tutte: raramente nei suoi dischi suonano i musicisti che lo accompagnavano dal vivo. E così il granitico suono tipico di Graziani è affidato pressoché solo al live Parla tu (1982), mentre nei dischi dei pieni anni 80 al calo di ispirazione si accompagnano arrangiamenti appiccicati con lo sputo. Ma anche negli anni d’oro le cose non erano diverse: “Un giorno [Ivan] ha preso una bobina con delle tracce di "Viaggi e intemperie" e l’ha buttata fuori dalla macchina, sul grande raccordo anulare, incazzatissimo. Quell’album l’avevano registrato dei musicisti stranieri, ma cosa potevano saperne loro di Ivan? Erano molto più bravi di noi a suonare, però non avevano l’anima giusta”, ricorda il chitarrista Daniele Angelini.
Ottimo libro, questo di Arabia, ricco di perle preziose e sorprendenti scoperte: tipo che esiste un Lp perduto dell’Anonima Sound, la band anni 60 di Graziani, la cui lacca è ancora in mano alla moglie Anna. Che si aspetta a pubblicarlo? O che i brani con cui Graziani è giunto al successo nel 1972 erano già stati composti: “Lugano addio, Agnese dolce Agnese… li avevo ascoltati già allo sfinimento! Quei brani Ivan li aveva nel cassetto da tempo e li suonava di continuo, con la chitarrina!”, ricorda il batterista Nunzio Favia, fondatore con Battiato degli Osage Tribe e compagno in studio di Graziani tra 1972 e 1974. Addirittura, secondo il chitarrista Massimo Meloni, Dr. Jekill & Mr. Hyde esisteva fin dal 1967, si intitolava We Fuck! e l’unica ragione per cui Graziani non l’ha incisa prima del 1979 è l’incapacità di scriverci un testo adatto, come conferma anche il giornalista Attilio De Rosa, autore del testo.
Dispiacciono, in tanta preziosità, errori banali che un buon editor avrebbe potuto evitare: il glam rock diventa “gluma” rock in tutto il libro, così come Ennio Melis della RCA inspiegabilmente è sempre citato come Mellis, con due elle; il tecnico del suono Piero Bravin, uno dei massimi di sempre, diventa Brevin; nel 1980, all’epoca del Q Concert, Goran Kuzminac aveva già pubblicato il suo primo album; Cheope non è lo pseudonimo di Mogol, ma di suo figlio Alfredo Rapetti, co-autore del testo di Nostra signora dei ciliegi; perfino Rembrandt perde la “d”.
Completa questo imperdibile libro, una pietra miliare per futuri studi su Graziani, un dvd contenente, tra le altre cose, la prima registrazione vocale ufficiale di Ivan, E adesso te ne puoi andar di Nino Dale & His Modernists, 1965, cover di I Only Want To Be With You di Dusty Springfield, 1963. Impagabile. Però costa solo 25 €. Dài, che Natale è vicino.
Articolo del
21/12/2011 -
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