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Diciamolo subito: Any Day Now è il secondo sogno proibito di ogni fan di Bowie. Dopo quello di vivere la sua vita (alcuni ne hanno anche un altro, ma non è il mio caso e non lo menziono). Nonostante il titolo dylaniano (da I Shall Be Released, 1967), il meraviglioso libro di Kevin Cann non è altro che la biografia degli anni londinesi del nostro, ovvero il periodo che si estende dal 1947, anno di nascita del Duca Bianco, al 1974, anno in cui l’autore di All The Young Dudes, dopo aver ucciso Ziggy e lasciatosi alle spalle l’era glam, si trasferisce negli Usa, su consiglio pressante del manager Tony Defries, per evitare le tasse di Sua Maestà.
Un titolo migliore, anche se più banale, avrebbe potuto essere “Day By Day”: perché qui davvero, almeno a partire dal 1964, si narra la vita di David Bowie giorno per giorno in un libro fittissimo e scritto piccolo piccolo (per una volta, fonte di gioia per l’acquirente), ricco di immagini e memorabilia spesso inedite o comunque poco viste, senza tralasciare le grandi immagini icona del periodo considerato. Prima del 1964, ovviamente, si fa quel che si può, ma le quindici pagine dedicate all’infanzia e alla prima adolescenza di colui che risponde al vero nome di David Jones sono davvero ben fatte e puntuali. E inoltre bisogna anche tener conto delle due pagine che ricostruiscono la biografia dei genitori. Si scopre anche che quella dello spettacolo è una piccola ossessione in certo qual modo coltivata in famiglia: il padre, Haywood Stenton Jones, un tipo ordinario e bizzarro allo stesso tempo, tentò a lungo di lavorare come impresario e quindi non si oppose alle tendenze artistiche del figlio, nonostante le grandi avversità che dovette affrontare. Ma soprattutto risalta ancora di più la determinazione quasi feroce con cui il giovanissimo Bowie ha cercato in tutti i modi di emergere. Anche se le sue incisioni del 1966 sono secondo me notevoli (le potete trovare in I Dig Everything: 1966 Pye Singles Cd, Castle Music Records), avete presente cosa c’era in giro in quell’anno in Inghilterra? Aftermath dei Rolling Stones, With Eric Clapton dei Bluesbreakers, Face To Face dei Kinks, A Quick One degli Who, Revolver dei Beatles, The Second Album dello Spencer Davis Group, Sunshine Superman di Donovan, Them Again dei Them, Yardbirds e Roger The Engineer degli Yardbirds. E mi fermo solo ad alcuni album (niente 45 giri) e solo inglesi. Davvero dura, anche per uno pieno di talento come il giovane Bowie. Risalta quindi il ruolo del manager che entrò nella vita di Bowie proprio in quel 1966: Kenneth Pitt. Uno che non solo lo sostenne finanziariamente, ma comprese di quale cibo intellettuale il futuro Duca avesse bisogno. Figura generosissima, tanto da ospitare a casa propria il giovane Bowie nei periodi di difficoltà lo spesso bistrattato Pitt fu il vero artefice del fiorire del talento del suo pupillo, credendo il lui against all odds e portando al primo grande successo nel 1969: Space Oddity. Di fronte allo stop di carriera successivo, Bowie reagì rivolgendosi all’avvocato Tony Defries, per essere liberato dal contratto con Pitt. Il quale signorilmente, accettò in cambio di un compenso sui futuri guadagni mancati davvero misero e inferiore a quanto gli sarebbe spettato: appena 2.000 sterline. Forse era proprio dello stile aggressivo di Defries che il Bowie che si preparava a diventare l’icona assoluta dell’era glam aveva bisogno. Ma il libro di Cann mette in luce quanto lo stesso Defries abbia fatto ben poco fino a quando il 13 maggio 1971 non ebbe chiaro che il proprio sogno di diventare il manager di Stevie Wonder non aveva speranze di realizzarsi. Fu solo allora che Defries puntò decisamente su Bowie che aveva appena regalato una hit a Peter Noone con Oh You Pretty Things con cui rivelava di essere ancora in grado di scalare le charts.
Ce l’avrebbe fatta lo stesso, Bowie, con l’onesto Pitt alla guida della sua carriera, al posto del truffaldino Defries, che gli faceva firmare a sua insaputa contratti capestro, facendogli credere pure di essere suo socio? Chi lo sa. È solo uno dei tanti motivi di fascino di questa storia, ottimamente raccontata da Cann e precisa al millimetro. Acquisto obbligato.
Articolo del
26/02/2012 -
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