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Terzo volume dedicato a uno dei personaggi più importanti della storia del fumetto italiano, l’adolescente italiana anni 70 per eccellenza, le cui storie uscivano a puntate sul prima sul Corriere dei Piccoli e poi sul Corriere dei Ragazzi, rispettivamente periodico per l’infanzia e per la pubertà del Corriere della Sera. Come gli altri, assolutamente imperdibile, dato che qui si respira aria di classico.
Il 1974 fu uno dei tanti anni orribili della nostra storia recente. Innanzitutto per la crisi economica fortissima, che regalò agli Italiani il cosiddetto periodo dell’austerity, che si concretò nei divieti di circolazione degli automezzi la domenica, e, dato che la fonte della crisi era il prezzo del petrolio, anche nella riscoperta delle fonti energetiche alternative e nell'adozione di misure per evitare sprechi di energia. E poi per tanti terribili fatti di cronaca nera: i rapimenti a scopo di estorsione dell’Anonima Sequestri (compreso quello, fallito, di Luca, figlio di Lucio Battisti, di soli tre anni, a marzo) e quelli a scopo politico delle Brigate Rosse; gli attentati terroristici, con i rossi che sparavano a singoli bersagli e i neri che mettevano bombe (a Brescia e sul treno Italicus) che colpivano indiscriminatamente. Che c’entra tutto questo, direte voi, in un fumetto per bambini. C’entra, c’entra, anche se non direttamente. Perché tutte le avventure di questo volume ne sono in qualche modo, direttamente o indirettamente condizionate. Nella prima metà dell’anno, infatti, la famiglia Morandini di Milano (cui appartiene, se non la conoscete ancora, Valentina) è impegnata a tirare la cinghia: Valentina diventa aiutante di un fotografo di moda che ha lo studio sotto casa di lei; la sorellina minore Stefi finisce per pubblicare bizzarre indovinelli a vignetta su un’importante testata; e il fratello maggiore Cesare, detto “Miura”, finisce per fare il babysitter. Già qui si vede la crisi. Ma è interessante che al Cesare tocchi affrontare ad aprile un presunto rapimento del marmocchio più piccolo, un mese dopo il tentato rapimento del piccolo Battisti. Di fronte all’orrore della vita nelle città, Nidasio sceglie di far rifugiare la prole Morandini in campagna: splendide le storie dedicate alla Stefi che segue la vicina di casa Liberata (una sarta che vuole far decidere al matrimonio l’eterno fidanzato) dalla sorella cartomante e astrologa nell’immaginario paesino, probabilmente emiliano, di Sant’Evandro (che nome deandreiano, peraltro) e al Vale e Stefi che raggiungono la nonna paterna, Bercea, a Scampiano (nome anch’esso immaginario), in cui si imbattono nel “gruppo Abele”, organizzazione cattolica di ragazzi che si dà da fare per risolvere un certo problema. Oltre allo squarcio sul mondo cattolico degli anni 70, non ancora ciellino (per quanto CL fosse in grande spolvero nelle città), queste pagine si segnalano per il riuscitissimo accordo tra trama, parole e colorismo pittorico: sembrano uscite da un bozzetto di quel verismo minore, ancora impregnato, ma in misura giusta e mai stucchevole, di tardo romanticismo e perfino di un certo tono scapigliato. La provincia italiana ancorata a un Ottocento forse di cartolina, ma quanto mai vitale e positivo, vive il suo incontro/scontro con la civiltà moderna e la città in un mix di riaffermazione di se stessa e del proprio patrimonio culturale più autenticamente umano, e di ammirazione invidiosa: Andreina, la ragazza che incarna questo secondo polo, ne uscirà scottata e sconfitta. Ma i custodi della tradizione, come l’anziana Giacomina, stanno morendo, e il confronto col mondo adulto pone Valentina in crisi circa il futuro dei sogni che si hanno da giovani: si riuscirà a mantenerli, diventando adulti diversi o si finirò come il Lorenzo Moschini, sognatore e timido ribelle da adolescente e mediocremente integrato da adulto.
La Storia, si sa, con gli anni 80 del Biscione che produrrano il disastro attuale, distruggerà i sogni della generazione di cui Valentina è simbolo, come acutamente nota Tommaso La Branca nell’introduzione al volume: e il suo corpus, in questo senso, è l’equivalente per gli anni 70 di quello che è stato il Cuore di De Amicis per la fine Ottocento: lo specchio dei valori e dei problemi di un’epoca. Esatto. Solo che qui c’è di più. Ci sono valori e rese artistiche che fanno di quest’opera un classico. Uno scandalo che questo status non gli sia ancora stato riconosciuto. Data la crisi di Coniglio, chissà se la ristampa terminerà: un motivo in più per accappiarsi il volume, preziosissimo.
Articolo del
05/06/2012 -
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