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Certo chi di noi illuse sognatrici non vorrebbe essere ‘la ragazza della canzone’, quella musa immortale invidiata per le decadi a venire? Certo magari non sarebbe molto lusinghiero essere la Miss Lonely di “Like a Rolling Stone” e neppure la Stupid Girl cantata dagli Stones in “Aftermath”. Però, chi non vorrebbe per esempio essere la donna a cui Robert Plant ha dedicato la sua Thank You ? La moglie che placidamente lo aspettava a casa crescendo i suoi figli mentre lui dall’altra parte dell’oceano se la spassava alla grande con droghe e groupie a non finire. Il problema è che pur sapendo questo, vorremmo ancora essere quella donna, perché ognuna di noi è convinta di essere l’eccezione. Queste sono le storie raccontate da Laura Gramuglia nel suo Rock in Love, un mondo popolato di personaggi che hanno gironzolato tranquillamente tra eccessi e matrimoni male assortiti, sordide stanze del Chelsea Hotel o magnifiche regge piene di tutto tranne che di felicità. Questo è l’amore al tempo del rock, prima della sua definitiva dipartita, fino ad arrivare ai giorni nostri. C’è quell’amore libero che spezza i cuori, quell’amore che rifugge ogni possibilità di monogamia, quell’amore che in definitiva tante volte è nulla più di una fascinazione passeggera, figlia di mondanità, lunghe gambe abbronzate e una graziosa testolina bionda. Parlare di “storie d’amore a tempo di rock” è difficile, e difficile è anche leggerne mantenendo distaccati l’universo musicale e quello della vita privata, non prendendo posizioni, nonostante le donne descritte nel più dei casi siano poco più che semplici oggetti di piacere, trofei da collezionare e poi passare al prossimo dio che salirà sul palco. Ci sono ovviamente le eccezioni, ma giusto quel pizzico che serve a confermare la regola, che è essenzialmente riassumibile nel concetto che rock è una parola maschile, che indica un mondo maschile con una propria mentalità maschile. Quelle raccolte in questa pubblicazione sono storie durate una vita (le poche a lieto fine, o gli inferni domestici senza via d’uscita) oppure brevi scappatelle durate poche ore appena, alcuni sono solo pretesti per parlare di personaggi che non potevano assolutamente mancare all’appello parlando di rock e trasgressioni, altre sono coppie citate forse un po’ a sproposito. Ci sono favole tristi come quella che ha unito Elvis e la sua Priscilla, agognata per anni e poi subito tradita e respinta dopo il matrimonio, o quella del rapporto malato e autodistruttivo tra Serge Gainsburg e Jane Birkin, per culminare nella favola nera e distorta di Sid Vicious e Nancy Spungen. A fare da contraltare non si poteva non citare le vere favole, quelle che ti fanno invidiare la stabilità e la complicità di una coppia perfetta come quella del man in black Johnny Cash e della sua June Carter, quella di Sting e Trudy Styler, l’isola felice raggiunta in età matura da Lou Reed e Laure Anderson o, al culmine della perfezione, quelle di Bono e della sua compagna di una vita Alison Steward o di Paul McCartney e la sua adorata Linda. Il resto delle passioni raccontate sono per lo più immagini sbiadite di fugaci attimi consumati sull’onda della passione o di una dipendenza bruciante e altrettanto velocemente relegati in un passato lontano o depositati tra le righe di una canzone, come per esempio quell’unica notte di passione tra Steven Tyler e Bebe Buell che nove mesi dopo ci ha regalato la bellezza genuina di Liv Tayler. Ma più ci si allontana dalle decadi Sessanta/Settanta più le storie ci appaiono meno affascinanti, perdono di mordente e di magia, non per colpa della scrittura della Gramuglia che è diretta, scorrevole, intelligente, a volte un po’ irriverente, ma sempre piacevole, ma per il contesto, per il tramonto di un’epoca che lascia spazio a rotocalchi, storie date in pasto a televisioni e media, notizie lasciate tra i post di un social network e così via. Ovvio che non potevano mancare le unioni malate di personaggi come Michale Jackson con Lisa Marie Presley o la tragica unione tra l’introverso Kurt Cobain e Courtney Love. Ma giunti a quel punto l’innocenza è ormai persa, l’amore libero nella sua seppur dubbia purezza è un ideale passato, c’è lo spauracchio dell’AIDS, le droghe divengono dipendenze e non più la chiave di volta per comporre brani stupendamente allucinati. Viene tolto quel filtro dorato che aleggiava sul passato per lasciarci la pura e semplice realtà, nel suo squallore. Queste sono le 50 storie d’amore a tempo di rock raccontate in “Rock in Love”, e quello che ne emerge è un mondo di uomini fatto per gli uomini che modifica nel tempo le sue direttive, senza però sostanzialmente cambiare le sue regole. E allora ben vengano grandi donne che hanno sorretto grandi uomini, come Angela Bowie e la signora Zappa Gail Slotman, oppure personaggi femminili che si comportano da uomini, come Joni Mitchell e Patti Smith (anche se non mi è chiaro il perché l’autrice abbia preferito citare la seconda per il suo rapporto soprattutto d’amicizia con Robert Mappelthorp invece che per la sua favola romantica con il chitarrista degli MC5 Fred “Sonic” Smith per il quale la sacerdotessa del rock si è anche ritirata dalle scene per quasi 10 anni al culmine della sua carriera). E detto tutto questo, dite la verità, vorreste ancora essere la “ragazza della canzone”? Anche se vi brucia ammetterlo la risposta ovviamente è ancora si e pazienza se l’happy ending non è assicurato!
Articolo del
13/06/2012 -
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