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Cinquant’anni non saranno sufficienti a erigere un monumento più duraturo del bronzo, ma non sono neanche pochi. Sufficienti comunque a fare degli Stones una tra le leggende viventi del rock, forse la più grande (i Beatles sono fuori gioco, causa defezioni e scioglimento). Ma è anche vero che di questo mito che nutre i nostri sogni di rock’n’roll le immagini che accendono la nostra fantasia non sono quelle sbiadite di oggi (quattro vecchietti simpaticamente ancora in pista e che hanno tutta l’aria di spassarsela un mondo), ma quelle del loro Passato con l’iniziale maiuscola, nei tempi eroici e prometeici in cui hanno dato un contributo preponderante alla creazione dell’estetica rock e del suo lifestyle.
Cade a fagiolo, e non poteva essere diversamente, la pubblicazione del reportage fotografico del loro tour americano del 1972, opera di Jim Marshall, uno dei più grandi fotografi rock di ogni tempo: tanto per capirsi, l’uomo che ha scattato la foto di Jimi Hendrix che incendia la sua chitarra sul palco del Monterey Pop Festival e quella di Johnny Cash in concerto al penitenziario di San Quintino. Qui Marshall, al seguito della band per le date di Los Angeles (all’Hollywood Palladium e alla Long Beach Municipal Arena) e di San Diego su incarico di Life, coglie la band al suo massimo fulgore: dopo i capolavori Beggar’s Banquet (1968), Let It Bleed (1969), Sticky Fingers (1971) e quel frutto succoso, maturo, ma già piacevolmente prossimo alla decomposizione che fu il poderoso Exile On Main Street, pubblicato appena un mese prima della partenza del tour. Marshall era perfetto per gli Stones: “Come Jagger e Richards”, scrive Joel Selvin nella prefazione, “andava in giro armato e ben rifornito: una pistola addosso, un bicchiere di bourbon o scotch a portata di mano e, se possibile, una quantità generosa di cocaina su per il naso. C’era sempre qualcosa che non gli andava bene e a volte diventava scontroso”. Forse per questa innata comunanza spirituale, benché non fosse ammesso alla corte degli Stones con la stessa intimità di altri, Marshall seppe cogliere meravigliosamente la doppia natura dei membri della band: divinità sul palco, semplici esseri umani scesi da esso. Semplici esseri umani, con tutti i loro pregi e i loro difetti: nelle foto di Marshall cogliamo la dedizione religiosa alla musica di Richards e Taylor, la gentilezza cavalleresca di Keith, l’ambiguo rapporto di quest’ultimo e Jagger tra ammirazione, rivalità e sospetto, la paciosità sorniona, di un felino che se ne sta in disparte ma è pronto a colpire, di Bill Wyman, la serietà professionale, anche quando è in lustrini e rouches di Charlie Watts, l’atmosfera festosa ma non ancora sfarzosa del backstage di un tour che batté ogni record fino ad allora registrato.
Parzialmente usate da Life a corredo di un articolo denigratorio della band, le foto di Marshall finiscono invece per smontare il taglio voluto dalla rivista, aumentando il fascino degli Stones agli occhi di chi osserva. Consigliatissimo.
Articolo del
18/07/2012 -
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