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Non suonano per piacere al pubblico, questo è poco ma sicuro. E neanche per vendere milioni di copie dei loro album. E neppure per vivere all’insegna della ‘grandeur’ rock’n’roll e mandare in subbuglio gli ormoni delle ragazzine ai concerti (oddio, su questo potremmo anche non metterci la mano sul fuoco, ma le teenager in questione devono avere quanto meno il gusto del brivido). I musicisti che si cimentano in questo particolarissimo genere, esattamente come farebbero con un’arcana belva sanguinaria, nutrono la propria creatività, quando va bene, di letteratura e cinematografia orrorifica, in un’indagine perversamente minuziosa della morte e delle profondità abissali del soprannaturale in ogni loro aspetto; quando va male, e accade spesso, di quanto di più marcio, nichilista, violento, volgare e ributtante l’iconografia e l’immaginario umano (e talvolta, ahimè, anche la cronaca) riescano a produrre. Ma che cos’è, esattamente, il death metal? E perché, nonostante questo coacervo di negatività, crudeltà e sgradevolezza, tutto sommato non siamo poi così in pochi a struggerci dall’emozione al cospetto di un assolo dei Nile, dei Death, degli Avulsed, dei Kalmah o dei Cadaveric Crematorium (si noti, prego, la piacevolezza dei monicker), o a dare in escandescenze perché, maledizione (per non dir peggio), Chuck Schuldiner è stato un grande, uno dei geni più sottovalutati nella storia della musica, e voi farisei che osate negarlo non capite un accidente?!
Questi e ad altri fondamentali quesiti pone il bel libro di Stefano Cerati e Barbara Francone, dal titolo ”I 100 Migliori Dischi Death Metal”, ultimo nato in casa Tsunami per la collana “I Tifoni”. Le risposte sono lasciate alle interpretazioni dei singoli, com’è giusto che sia quando si tratta di arte (Sorry, ladies and gentlemen, che vi piaccia o meno è così). Ma certamente gli autori, sia nell’introduzione sia nelle ricche recensioni inserite, forniscono un’interpretazione convincente e motivata del fenomeno. Il ‘death’ celebra l’estetica del mostruoso non certo per depravazione e degrado fine a se stesso, e non soltanto per urlare un “No!” più deciso e bellicoso che mai al conformismo, all’omologazione e alle discriminazioni, che è né più né meno che il messaggio che sta alla base del 99,9% dei movimenti culturali degli ultimi 60 anni. Il death è senza dubbio l’estrema frontiera dell’esplorazione musicale, ma le chitarre assurdamente distorte e dissonanti, i ‘blastbeat’ impazziti, i vocalizzi gutturali e cavernosi di quelli che, più che a cantanti, somigliano ad orchi spaventosi, sono anche una metafora dei limiti a cui può spingersi l’essere umano. Quali abissi di disperazione, disgusto, putrefazione fisica e morale siamo disposti a tollerare prima di arrenderci? Signore e signori, la parabola del Superuomo nietzschiano in salsa splatter è servita. Ecco perché scopo del ‘death’ non è quello di piacere, ma di scioccare e terrorizzare, ed ecco il motivo di tutta quell’insistenza, anche nei nomi, su cadaveri, pestilenze, sangue, budella, torture, gironi infernali, dannazione eterna, oltre che sui delitti, sia reali che inventati, più efferati e fantasiosi che mai mente umana abbia partorito.
Dal punto di vista strutturale, il libro è fatto veramente bene: tutte le 100 recensioni comprendono immagine di copertina, tracklist e formazione del gruppo; Cerati e Francone non si limitano a fornire un giudizio complessivo sull’album e sul perché meriti la collocazione in questa singolare rassegna, ma cercano di contestualizzarne il contenuto ed il sound non solo nell’ambito della carriera della band, ma anche del retroterra storico, sociale e culturale del periodo. Volutamente tralasciati gli insuperati Slayer, Venom e Celtic Frost, in quanto considerati band seminali per il genere, non manca proprio nessuno in questa sfilata di blasfemi cavalieri dell’Apocalisse, anche se la selezione include una o due scelte abbastanza discutibili (I Children Of Bodom fanno death metal? Ci siamo forse persi qualcosa?). A dimostrazione della molteplicità di anime e stili che caratterizzano questo universo tanto bistrattato, troviamo i Death dell’indimenticato Chuck Schuldiner, e gli scandinavi At The Gates, entrambi vere forze motrici della controversa scena del metal estremo; gli egittofili Nile con i loro riff guizzanti come aspidi; i sommi sacerdoti Morbid Angel, con ben due capolavori, “Covenant” e il lovecraftiano “Altars Of Madness”; il truciderrimo Glen Benton e i suoi Deicide; i Therion primigeni; le contaminazioni impensabili con jazz, funk e prog di Cynic, Opeth e Tiamat; il Trio Meraviglie Anathema/Paradise Lost/My Dying Bride, sublimi e venerabili (perdonatemi questo accesso di fan-itudine) innovatori del ‘death-doom’ albionico; il sarcasmo urticante dei Brujeria; un pezzettino di Italia con i Necrodeath e i Sadist; immancabile, ovviamente, il sanguinario, scellerato e allucinante “Butchered At Birth“ dei Cannibal Corpse, vero album-simbolo di questa ondata di violenza; e naturalmente, accanto a queste superstar dell’orrido, una sfilza di nomi meno noti, ma molti dei quali di culto per i frequentatori abituali del rassicurante ambientino sopra descritto (Cephalic Carnage, Incantation, Konkhra, Mortician, Necros Christos ecc.). Un’ottima rassegna per metallari col pallino della catalogazione, e un utile strumento per i temerari che ambissero ad esplorare l’affascinante e tenebroso territorio del ‘death metal’ … Chissà se ne avranno ancora il coraggio, al termine della lettura?
Articolo del
09/08/2012 -
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