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Serge Gainsbourg in Italia per lo più lo conosciamo per Je t’aime... moi non plus, esattamente come lo conoscono in Giamaica. Qualcuno, più avvertito, per la cover di Syria-Bianconi di Bonnie & Clyde e per la sua costante presenza ispirativa sulla produzione dei Baustelle. I più hipster sanno che il suo disco del 1971, Histoire de Melody Nelson, è uno dei capolavori del rock mondiale, punto e basta. Difficile immaginare uno così in Italia: un mix straniante di Lucio Battisti (per la costante tendenza ad essere al passo con le evoluzioni musicali), Fred Bongusto (per il dandysmo), Vasco Rossi (per il gusto della provocazione sempre e comunque) e Giorgio Gaslini (per le radici jazz capaci di evolversi ed adattarsi ai contesti più inaspettati). Gainsbourg è stato prima di tutto un esteta e ben venga quindi la decisione di Barbès di pubblicare questo bel volume, a lui dedicato, di Tony Frank, uno che per anni è stato il fotografo ufficiale di star della musica francese come Johnny Hallyday e lo stesso Gainsbourg, ma ha prodotto anche memorabili scatto di gente come Bob Dylan, Marianne Faithfull, Mick Jagger, Madonna, Tina Turner, The Who, Frank Zappa (date un’occhiata a http://tonyfrank.fr e poi mi dite).
Frank costruisce un ritratto di Gainsbourg attraverso gli anni, dall’incontro occasionale nel 1962 al Théâtre de Capucines, dove viene colpito dalla sua silhouette di “dandy consumato”, quasi uscita da un manifesto spettrale di Toulouse-Lautrec, quasi alla Valentin le désossé, fino agli ultimi anni, in coppia con Bambou e alla nascita di loro figlio Lucien. Colpisce lo stacco fortissimo (ma in realtà sono passati sei anni) tra il Gainsbourg vampiresco del 1962 e quello solare, per quanto può esserlo un dandy decadente, del 1968: alle tenebre si sostituisce la luce, allo sguardo perplesso uno ridente, alla postura che denota insicurezza una che rivela joie de vivre e autocompiacimento, ai capelli cortissimi e al volto sbarbato una zazzera scarmigliata e la barba di tre giorni. È il vento della rock revolution che ha soffiato, certo, ma anche la consapevolezza del proprio valore artistico, che in quei sei anni trascorsi ha finalmente trovato un notevole riscontro di pubblico, tramite brani come Les sucettes, scritta per France Gall, col suo facile doppio senso non capito all’epoca dalla cantante, e di lì a poco, nel fatale e fatidico 69 année erotique, avrebbe sfondato a livello mondiale con il prototipo di tutte le orgasmo song. Originariamente scritta per Brigitte Bardot e con lei registrata, ma non pubblicata perché B.B. se ne vergognava, il brano uscì nella nuova versione realizzata assieme a Jane Birkin, giovane attrice inglese che di star della musica se ne intendeva, essendo appena uscita da un disastroso matrimonio con John Barry (quello di 007 e The Persuaders, e scusate se è poco). Il terzo capitolo del libro è proprio dedicato alle foto scattate in coppia dai due, estremamente belle, ispirate, attente a cogliere la felicità e il desiderio dei due, nonché la gioia di essere padre adottivo di Serge (Kate, figlia di John Barry, fu affidata a Jane). Se mi permettete il tocco personale, la foto di Jane in minigonna e stivaloni bianchi è il mio personale picco di erotismo. Irrimediabilmente agée, lo so. Nuova musa di Gainsbourg, Jane ispirò a Serge il capolavoro Histoire de Melody Nelson, alle cui sessions fotografiche è dedicato il quarto capitolo, parallelamente alla costruzione di una sua carriera solista come cantante. Il quinto capitolo è dedicato all’intimità della vita di coppia, allietata dalla nascita di Charlotte, di cui, ormai di sette mesi, è ritratto perfino l’arrivo, in culla, nella casa di Jane a Chelsea nel luglio 1971.
Il sesto capitolo compie un salto cronologico in avanti. 1978: dopo anni di dischi splendidi e osannati dalla critica quanto ignorati dal pubblico, Gainsbourg riconquista la popolarità grazie all’interessa del gruppo new wave Bijou, che reintepreta la sua Les papillons noirs e intraprende un minitour insieme a Serge. Spettacolare il settimo capitolo, dedicato all’abitazione parigina di Serge, in Rue de Verneuil, tutta tappezzata di velluto nero, colma di oggetti feticcio che non si potevano spostare né tanto meno toccare: colpisce la parata di teschi sul pianoforte, così come il progetto di copertina per Rock Around The Bunker, in cui Gainsbourg, ebreo russo perseguitato durante la guerra, compariva in uniforme nazista su uno sfondo costituito da una gigantografia di una parata della Wehrmacht. Alla fine il progetto fu scartato dallo stesso Serge. Ottavo capitolo: 1979, l’epoca di Aux armes et caetera..., l’album reggae registrato con Sly Dunbar & Robbie Shakespeare, scandalo enorme (il titolo viene dal ritornello de La marsigliese...) e successo ritrovato e mai più perduto, che sfila fino al 1985. Il nono capitolo è dedicato alla figlia Charlotte, con cui Serge, lui padre premuroso e tenero, incise la provocatoria Lemon incest (1985) e girò lo scandaloso Charlotte For Ever. Infine, l’ultimo atto: la vita con Bambou dopo la separazione da Jane.
Libro prezioso e raffinato, Serge Gainsbourg non può mancare nella biblioteca di ogni cultore del genio francese. Brava Barbès.
Articolo del
26/08/2012 -
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