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Non ci si imbatte tutti i giorni in un libro musicale scritto da un autore che è allo stesso tempo musicista, giornalista e, in questa occasione, anche appassionato di Acid Jazz. Francesco Gazzarra si presenta con questo biglietto da visita, di tutto rispetto, e con la condizione di chi ha vissuto in prima persona i momenti cruciali della nascita dell’Acid Jazz. Un vantaggio narrativo che si spinge, per alcuni aspetti, fino alle soglie rischiose dell’autobiografia e dell’auto celebrazione. Il titolo del libro non può, comunque, trarre in inganno. La grafica è essenziale ed il formato si può definire, senza offesa, tascabile. L’impostazione del testo è rigorosa: ad una sequenza storica degli avvenimenti che hanno segnato la nascita ed il riconoscimento dell’Acid Jazz come stile musicale e di tendenza, si accompagna l’analisi del profilo dei protagonisti che si sono alternati nel corso di alcuni anni quali guide artistiche del movimento. Gazzarra opera una ricostruzione guidata per convincerci che, alla fine, l’Acid Jazz non è nato per caso o per capriccio di qualche potente lobby. Come ogni nuovo genere che si rispetti, l’Acid Jazz prende vita a Londra, all’inizio degli anni novanta, dall’incontro tra un dj, Eddie Piller, con un appassionato di jazz/soul, Gille Peterson. Dalla fusione delle idee dei due prende vita una vera e propria azione di orientamento di alcuni gruppi inglesi del momento verso una nuova frontiera musicale, ritmicamente molto serrata ma più duttile dal punto di vista dell’impatto commerciale. A questo punto diventa preziosa, per gli addetti ai lavori e gli appassionati, la parte dedicata alla genesi dei gruppi che già dalla fine degli anni ottanta si sono convertiti dalla new wave a nuove forme di stile. Per l’Acid Jazz, tale evoluzione è stata pilotata da Piller e Peterson che nel frattempo hanno cominciato a diffondere nei locali londinesi un nuovo sound fondato sul connubio tra northern soul, jazz e funky. E’ in questa fase che emergono i gruppi fondamentali: James Taylor Quartet, Galliano, Incognito e Brand New Heavies sono, secondo Gazzarra, gli interpreti più rappresentativi della prima leva. La formula è sicuramente innovativa, l’Acid Jazz (al di là delle formule ) mette insieme le esperienze di musicisti di scuola jazz, funky e hip hop. La piccola rivoluzione Acid investe, come era prevedibili, i luoghi di tendenza da Lontra a Parigi, da Madrid a Roma, interessando la critica e scatenando un primo nucleo di appassionati. Oggi, che l’Acid Jazz ha subito tutte le comprensibili contaminazioni, suona purtroppo cronicistico parlare dei suoi albori (correva l’anno 1992), confermando la tendenza folgorante di un panorama discografico e musicale che brucia le nuove tendenze in maniera sempre più rapida. Il libro di Gazzarra ha il pregio di arricchire lo scaffale di un ricco contributo su un pezzetto della storia musicale degli anni novanta che, altrimenti, si sarebbe perso in ricordi frastagliati e lacunosi. A rafforzare la credibilità del racconto interviene la mano di un protagonista, l’autore stesso, la cui passione è determinante per confezionare un prodotto editoriale concreto e credibile.
Articolo del
30/01/2002 -
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