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Se uno come Corey Taylor si mette a scrivere un libro sui sette vizi capitali, c’è da aspettarsi qualunque cosa. Tendenzialmente, il lettore potrebbe avere due aspettative completamente contrapposte: a) il vecchio Corey ha dato di matto, si è pentito di tutti i suoi stravizi di gioventù, ha abbandonato sia gli Slipknot che gli Stone Sour, e già che c’era, quale suprema forma di autoflagellazione, si è convertito al cattolicesimo (ma potrebbe essere tranquillamente l’islam o Scientology, dato che lui non sembra trovarci differenze sostanziali) e ora cerca di propinare il predicozzo puritano anche a noi; oppure b) tranquilli, lo zio Corey non ha sbattuto violentemente la testa in un amplificatore, sta benissimo, non si pente di niente, e infatti il suo libro è una fanatica celebrazione del vivere all’insegna dello sballo e dell’eccesso a tutti i costi e in qualunque situazione. Seguendo il suo esempio, ça va sans dire. Risposta? Nessuna delle due, per fortuna. Esclusa a priori l’aberrante ipotesi a), fare i conti con la b) è compito un po’ più ingrato. “La cosa pazzesca è che se potessi tornare indietro rifarei tutto quello che ho fatto, ma stavolta mi spingerei ancora oltre”: è solo una delle citazioni da incorniciare che compongono in questa opera prima della letteratura tayloriana (ma basta aprire a caso il libro e ad ogni pagina ve ne salteranno fuori almeno una dozzina, e anche molto più divertenti). Detta così può sembrare il sigillo alla boria di un qualsiasi buzzurro votato alla smodatezza e all’autodistruzione. Ma, come sempre, non ci si può fermare alla superficie delle cose, in questo caso al retro di copertina. Il ritratto dell’uomo Corey Taylor che emerge da queste pagine magari non gli varrà il Grammy della benevolenza.
Taylor è sarcastico, beffardo, sprezzante, dissacrante, corrosivo, ai limiti della supponenza; massacra sistematicamente e con evidente compiacimento qualunque cosa abbia l’approvazione della cosiddetta “bella gente”; eppure il libro nella sua totalità ci restituisce non un divo o uno sballato, ma un ragazzo che si è saputo rialzare dal fango, e che conosce l’inferno per averci vissuto troppo a lungo. Corey è conscio e letteralmente intriso dei propri difetti e dei propri errori; sa che la pelle non si indurisce se non ci si fa male un po’ di volte. Non è Ozzy Osbourne, emblema dell’autolesionismo più pazzo e sfrenato, dato per morto e risorto (sia letteralmente che metaforicamente) tante di quelle volte da assumere una sorta di aura mistica; ma è senza dubbio un buon lottatore, se è vera anche solo la metà delle parti autobiografiche narrate in queste pagine. Un simpatico peccatore che mette alla berlina il perbenismo, ma non è abbastanza cattivo da non ammettere di amare alla follia la musica e la sua famiglia; e che, come tutti gli uomini di questo mondo, viene regolarmente cazziato dalla moglie perché non abbassa la tavoletta del WC.
In sostanza, secondo Taylor, se per coesistere con il resto dell’umanità senza fare troppi danni occorre basarsi sul principio del ‘neminem ledere’, in primo luogo a se stessi, la classificazione dei vizi così come proposta dalle Sacre Scritture è totalmente priva di senso. Perché mai il sesso tra due persone consenzienti dovrebbe essere un peccato? A chi faccio del male se la domenica voglio starmene spaparanzata a ronfare tutto il giorno, invece di dannarmi per salvare un mondo che tanto non vuole essere salvato? No, dico, ma veramente ve ne frega qualcosa se mangio troppo o troppe schifezze? Lasciatemi gestire in pace il mio colesterolo e i miei chili di troppo. E, prima che dia seriamente in escandescenze, evitate di venirmi a dire che l’ira costituisce un peccato capitale. Ma mannaggia la miseria lurida e schifosa, fatevi un po’ il calcolo di quante volte al giorno vi incazzate e poi ditemi se siamo tutti da condannare all’eterna dannazione! No, non è qui che si annida il male. La vera zozzeria imperdonabile sta di casa dove i bambini subiscono abusi e violenze, o non hanno neanche il necessario per sopravvivere perché qualcun altro se ne è appropriato; dove lo stupro e la segregazione femminile sono perfettamente integrati nel modus vivendi; dove è lecito uccidere con un pretesto qualsiasi. Corey Taylor ne ha visti un bel po’ di questi ricettacoli di vera depravazione e immoralità, e lo dice a chiare lettere. Ma non dimentica di essere anche un ragazzo avido e ingordo di musica, come lui stesso si definisce; e allora, mentre descrive con lucidità e precisione la genesi e l’evoluzione della sua magnifica ossessione e la successiva scoperta del suo talento, propone anche di includere nella lista dei “Nuovi Magnifici Sette” anche “La musica di merda: lo strumento che eleva indebitamente la mediocrità a livelli di accettazione e di gloria”. E, perdonateci, ma qui scatta la ‘standing ovation’.
Articolo del
22/04/2013 -
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