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The Smiths, non c’è dubbio, è stata una delle band più importanti della storia del rock. Così come i Beatles con la facciata b di Abbey Road aprirono le porte al nascente progressive rock (i King Crimson pubblicarono il loro primo Lp due settimane dopo, anche se i due album furono registrati praticamente in contemporanea), The Smiths sono stati i padri delle scene britpop e indie. Il lavoro di Johnny Marr di recupero, riattualizzazione e stravolgimento della tradizione della chitarra rock (dal rockabilly alle sonorità jingle-jangle, mixate con le influenze più improbabili, dal Tropicalismo agli Stooges: uno dei ritornelli preferiti di Marr fu “volevo vedere come avrebbe suonato se fosse stata eseguita da *inserire nome a caso*)" insieme al conferimento di una dignità finora sconosciuta ad atteggiamenti e pose da loser che fu portato avanti da Morrissey, unito a un orgoglio nazionalista working class, che negli anni 80 inglesi fu il più efficace sberleffo alla politica reazionaria, neoliberista e neoimperialista dei tre governi della conservatrice Margaret Thatcher, molto più di quanto produceva l’autoghettizzata scena hardcore punk, furono il brodo di cultura primordiale di tutto quanto, in ambito indipendente, è venuto dopo, con propaggini che toccano, a mio modesto parere, perfino la scena twee.
Un’epopea, quella degli Smiths, che si spiega non solo leggendone i poeticissini testi, ma anche osservando tutto quello che ci sta intorno: fonti di ispirazione, vicende personali e nazionali, polemiche feroci di cui fu oggetto la band. Opportunamente, è questa la strada che sceglie il bravo Diego Ballani per accompagnarci dentro il mondo dei testi di Morrissey: una strada che non esclude l’allusione all’importanza delle strutture musicali su cui quei testi si appoggiano (ottimo!), ma che allo stesso tempo esplica l’universo di allusioni alla realtà contemporanea e al background della cultura inglese che non è facilmente comprensibile dall’ascoltatore medio, neppure se fan. Grazie a fonti di ottima qualità (interviste ai protagonisti, pur riprese da altri autori, e saggi inglesi che hanno analizzato il fenomeno Smiths) Ballani porta elegantemente a casa il risultato che si era prefisso, costruendo un saggio di facile lettura, zeppo di informazioni tanto da essere anche una biografia della band, estremamente interessante e appassionante per ogni fan che si rispetti. E che si prolunga oltre la fine del sodalizio artistico tra i quattro con una scelta di brani tra i più significativi del Morrissey solista. Consigliatissimo.
Articolo del
17/07/2013 -
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