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Troppo facile parlare adesso di una star. Si corre il rischio, come nel caso della biografia “Dave Grohl – Il richiamo del rock’n’roll”, di beatificare in vita una figura che ha avuto il merito di trovarsi sempre al posto giusto al momento giusto.
Ma il suo successo non è certo dovuto alla fortuna. L’intenzione di Paul Branningan, ex direttore di Kerrang! e giornalista di “Q” e di “Mojo” nonché fan dichiarato di Grohl dai tempi dei Foo Fighters, è quella di tracciare un profilo in tre dimensioni di una figura che ancora sta surfando sulle onde di un incredibile successo.
La storia di Dave Grohl è molto simile a quella di tante stelle della sua generazione che hanno capito immediatamente come inserirsi nella difficile giungla dell’underground musicale americano, cominciando a farsi le ossa nei sottoscala di una metropoli, Washington, non proprio famosa per il suo vivaio di talenti musicali.
Interessante l’intreccio di rapporti e, in alcuni casi, le incredibili coincidenze, che porteranno il batterista Grohl dal precario mondo delle band underground (gli Scream su tutti) alla grande opportunità, di inserirsi nel complesso mondo di Kurt Cobain, diventando alla fine del 1990 il batterista dei Nirvana.
In realtà, nella biografia di Brannigan, il capitolo Nirvana è trattato con le pinze, ma è molto dettagliato. Si tratta di un’ulteriore contributo a quella già notevole quantità di testimonianze dedicate al mitologico periodo della nascita del grunge, che per stessa ammissione di uno dei suoi protagonisti, fu vissuto in maniera completamente inconsapevole. Più sofferta la questione relativa ai suoi rapporti con Cobain e ancora controversi i momenti che hanno visto precipitare i rapporti all’interno del gruppo, soprattutto con l’avvento di Courtney Love.
Di tutt’altro tenore il capitolo dedicato alla seconda vita di Grohl, a partire dalle motivazioni che lo hanno convinto a cambiare di punto e in bianco con la nascita dei Foo Fighter e di abbandonare (parzialmente) la batteria per diventare front man di uno dei gruppi più solidi della scena del rock mondiale. Molti accusano Grohl di un certo cinismo, di aver ricominciato a suonare quando ancora la salma di Cobain era calda, ma è questo il carattere del guerriero che non può guardare in faccia a nessuno (Perché: “avevo ancora tanto da dire. Cazzo se ho ancora tanto da dire”).
Da questo momento per Dave Grohl si tratta solo di prendere consapevolezza dei suoi mezzi e di arrivare, nonostante alcuni incidenti di percorso tipici delle grandi band sottoposte all’ansia da prestazione, a raggiungere l’apice del successo sia in termini di vendite che in termini di riconoscimenti. Oggi Dave Grohl è un re mida della musica, impegnato in molti progetti solisti e sempre pronto a dare man forte ad altri grandi progetti che lo hanno visto spesso dietro la batteria (Queens of The Stone Age per citare solo uno dei più importanti). Il tutto come un inframezzo tra un disco/tour dei Foo Fighters che, per sua solenne ammissione, rimangono ancora oggi il suo punto fisso.
Emerge dalla biografia di Branningan un Dave Grohl molto umano (“l’Uomo gentile del Rock”), immagine a cui si riesce a dar credito con difficoltà, soprattutto se confezionata da un suo fedele ammiratore. Fino ad oggi questo passa il convento e, vista la ricchezza degli aneddoti, non è poco. In attesa di una biografia ufficiale che ci possa dire veramente chi è Dave Grohl.
Articolo del
02/11/2013 -
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