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Pete Townshend
Who I Am
2013
Rizzoli
di
Fabrizio Biffi
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E’ tempo di riaprire le pagine dei ricordi per alcuni dei sopravvissuti della grande epopea del rock. Dopo lo scalpore di “Life” di Keith Richards arriva anche in Italia la traduzione dell’autobiografia di Pete Townshend che ci apre uno squarcio su un territorio mai sufficientemente esplorato della storia del rock.
Il racconto che fa di sé l’uomo Townshend è sincero e senza filtri a partire dalle vicende della sua adolescenza che hanno, inesorabilmente, segnato la sua vita di predestinato nel mondo abbagliante e maledetto della musica rock. Figlio di musicisti e testimone del veloce passaggio dal dopoguerra alla rinascita economica degli anni sessanta, Pete Townshend in realtà è arrivato a toccare la punta più alta della notorietà attraverso un percorso molto lineare. L’arte, la musica, la scrittura e la creatività sono stati gli strumenti che hanno permesso all’uomo Townshend di elaborare e scaricare verso l’esterno tutte le contraddizioni e i sensi di colpa vissuti nella primissima parte della sua vita. Un quadro analitico molto complesso che per molti di noi appassionati degli Who, si è tradotto nelle due grandi opere uscite dalla penna ispirata di Pete Townshend: Tommy e Quadrophenia.
Ma la confessione a cuore aperto di Who I Am ci racconta una storia ancora più profonda e complessa. L’applicazione e la passione maniacale di Townshend sin dagli esordi è istintivamente motivata dal desiderio di raccontarsi e di descrivere in maniera cruda e diretta quel suo mondo interiore e la realtà della West London del dopoguerra, cosi come ci sono arrivati a noi attraverso le canzoni e i dischi degli Who.
L’autobiografia di Townshend è un documento asciutto e prezioso che ripercorre parallelamente le innumerevoli vicende e le incredibili circostanze attraverso le quali è passato negli anni d’oro della sua storia con gli Who: dai primissimi passi nella Londra dei mods (di cui il gruppo è ancora un’icona solidissima), alla condivisione del successo con i Rolling Stones, gli Small Faces e i Kinks. Da Woodstock alle crisi creative, dalla morte di Keith Moon all’inizio di una carriera solita e all’apparizione storica ancora insieme a Daltrey e Entwistle al Live Aid. Fino alle ultime vicende sempre controverse e dolorose degli ultimi anni culminate con il suo arresto nel 2003 con l’accusa di pedopornografia e al ritorno sulle scene con Roger Daltrey dopo la perdita del bassista John Entwistle.
E questa è solo la cornice dentro la quale Pete Townshend si racconta a mani nude e senza fronzoli cercando di trasmettere a chi lo ha seguito e ammirato nel corso degli anni, una specie di lato nascosto che adesso, con questa autobiografia, ridà luce a tante immagini sparse nella musica e nella storia di un artista irripetibile.
Ancora oggi, a quasi settant’anni, Townshend rivendica il ruolo di saper raccontare il mondo attraverso se stesso. Quello che ci ha lasciato in questo libro è una parte di sé che separa, per stessa ammissione dell’autore, due vite: quella di allora e quella di adesso.
Articolo del
12/11/2013 -
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