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Un romanzo davvero insolito, questo dell’esordiente Paolo Latini, che avvince, convince e appassiona.
La storia prende le mosse dalla bonifica – intrapresa giusto prima della Grande Guerra e incompiuta – della zona paludosa tra Jesolo e Caorle, nei territori veneti di San Donà di Piave e Portogruaro. Quindi, con un salto temporale, ci si trova negli stessi territori in pieno Fascismo, dove, alla curva dei Meli gemelli, uno dei punti chiave della bonifica, è sorto un brefotrofio, dal quale spunta fuori Nosse Ingresso, ragazzo dotato di notevole talento artistico, prima portato a studiare a Venezia, poi volato a Parigi, dove frequenta le avanguardie artistiche tra le due guerre, e quindi tornato al brefotrofio, dove dà vita a un inusuale corso di materie artistiche basato sull’innovativa didattica del Bauhaus, di cui è convinto sostenitore. La guerra civile, con le sue lacerazioni, finisce per arrivare anche in quest’angolo di mondo. Per salvare la gente del paese e il brefotrofio da scontri tra tedeschi, repubblichini, inglesi (che si sono stanziati proprio nel brefotrofio) e partigiani, Nosse, insieme all’ex podestà deluso da Mussolini fin dal 1938 a causa delle leggi razziali e al maestro d’arte Oppio, intraprenderà un’impresa difficilissima. Che fine faranno i ragazzi del brefotrofio?
Il movimento dei meli gemelli è una storia in cui accade di tutto: ci sono un parroco che a inizio secolo pratica in segreto le arti marziali, riuscendo a conciliarle con la dottrina cattolica; un ingegnere visionario, migrazioni dalle montagne bellunesi e da quelle calabresi che convergono nel luogo della bonifica; del podestà deluso ho già detto. Metteteci anche i nomi, davvero improbabili, degli orfanelli, che si riferiscono alla loro funzione sociale o narrativa (Nosse, ad esempio, non è altro che “nozze” in veneto, dato che il personaggio è colui che coniuga creativamente e fecondamente realtà diverse e lontanissime). Ci sono tutti gli elementi per avere un romanzo sgangherato e da wannabe. Invece Latini, grazie a quel dono che si chiama “capacità di scrivere e di raccontare”, avvince e convince dopo poche pagine, come un funambolo in equilibrio perfetto sul filo della narrazione, confezionando una storia in cui convergono un sacco di suggestioni storiche, artistiche e filosofiche, e che alla fine ha un filo rosso ben nascosto e tutto suo: quello della globalizzazione e dell’incontro scontro di culture diverse (il visionario ingegnere milanese che convince della necessità della bonifica il proprietario terriero veneziano, ex ammiraglio; gli immigrati calabresi e bellunesi nella palude veneta; le arti marziali e il cattolicesimo; le avanguardie artistiche e didattiche in un orfanatrofio fascista; gli inglesi in Veneto; il fascista dissidente Levorino e il democratico Nosse che perseguono uno scopo comune; ecc.). Rischio od oppurtunità? Tutte e due. Sta evidentemente a tutti noi far sì che un incontro sia fecondo o distruttivo, pare essere il messaggio di Latini. In sé non originalissimo, certo. Ma più che mai in arte il mezzo è il messaggio: e il modo in cui Latini sceglie di trasmetterci il suo pensiero è notevolissimo e segnala la comparsa di una narratore di razza di cui sentiremo riparlare. Applausi.
Articolo del
19/12/2013 -
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