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Nonostante sia in crescita la nicchia di pubblico interessata al progressive, quello fiorito tra 1969 e 1974 resta un genere sconosciuto ai più. Sorvolando sulla produzione new progressive, dagli anni 80 a oggi (in cui ci sono cose egregie), il peccato è tanto più grave nella nostra Italia, dato che, all’epoca dei fatti, almeno tre band guadagnarono un certo consenso internazionale, ottenendo contratti con case discografiche inglesi e girando in tour per Usa e Uk: PFM, Banco del Mutuo Soccorso e Le Orme, le prime due con la Manticore di Emerson, Lake & Palmer, la terza con la Charisma, dove erano accasati Genesis e Van der Graaf Generator. Si trattò, in sostanza, del maggior momento di gloria del rock italiano, mai più eguagliato, nemmeno lontanamente (c’è stato il successo mondiale della italo-disco, ma converrete che si tratta di tutt’altro genere, non di rock): logico sarebbe serbarne memoria imperitura, senza per questo doverne essere schiavi: un po’ come in Uk si fa con Beatles e Stones, o in Usa con Elvis. Anche perché le tre band di cui sopra (punte di diamante di un movimento ricchissimo) non hanno firmato solo suites lontanissime dal sentire contemporaneo, ma anche una discreta serie di brani orecchiabili e senza tempo. Invece l’unico che si sente ancora è Impressioni di settembre (splendida, la amo, sia chiaro): tutto il resto è nell’oblio.
La dimenticanza più grave colpisce Le Orme, che del lotto furono le prime a sfornare un disco prog (Collage, 1971) che si contende pure il primato di primo disco prog italiano in assoluto con Concerto grosso n. 1 dei New Trolls. E, sempre del lotto, furono quelle ad avere un più spiccato senso melodico, sempre svolto in senso rock e progressive, il che contribuì non poco a far loro sfornare una serie di hit capaci di conquistare anche il grande pubblico: Gioco di bimba (1972, numero 5 in Top Ten), Canzone d’amore (1975, numero 2), Amico di ieri (1976, numero 19), Regina al Troubadour (1977, numero 15). E in più: Cemento armato e Sguardo verso il cielo (1971), Figure di cartone (1972), Felona (1973), Frutto acerbo (1974), Sera (1975), Verità nascoste (1976), Se io lavoro (1977). Tutti brani che anche oggi risultano tanto orecchiabili quanto intelligenti.
È quindi la benvenuta questa autobiografia di Aldo Tagliapietra, storico cantante e bassista del gruppo veneziano, dalla fondazione, avvenuta nel 1966, fino alla fuoriuscita nel 2009. Scritta con l’aiuto della figlia Gloria (l’altro figlio, Davide, è diventato turnista e autore di livello della musica leggera – non rock – di oggi), di Omero Pesenti e Gianpaolo Saccomano, Le mie verità nascoste procede parte per temi e parte in ordine cronologico, sviluppando il racconto dei ricordi di Tagliapietra in capitoli che prendono il titolo ognuno da un verso del quasi omonimo brano del 1976, le cui parole furono scritte dal tastierista Tony Pagliuca (che tra l’altro ha annunciato la scrittura di una propria autobiografia: ottimo!). Il libro è piacevolissimo, sia nella parte che racconta le origini familiari e territoriali di Tagliapietra (la Murano dal 1945 ai primi anni ’60), dove peraltro si scopre che un giovanissimo Aldo frequentava l’altro grande muranese dello spettacolo, Lino Toffolo, sia in quella dedicata alle avventure nel mondo del rock con Le Orme, tanto negli anni del successo, quanto in quelli della crisi e della rinascita (dagli anni 90 in poi), fino all’abbandono della band nelle mani del batterista Michi Dei Rossi, unico veterano rimasto della formazione storica (peraltro con una descrizione accurata delle vicende giudiziarie che hanno visto coinvolti i due per il possesso del nome del gruppo). Ma sono interessanti anche le pagine dedicate al rapporto con moglie e figli e con la spiritualità indiana, di cui Tagliapietra è seguace. Notevoli, tra gli altri, gli aneddoti sull’incontro con Keith Emerson, sul rapporto con Armando Gallo, sulla casa stregata in cui Le Orme alloggiarono a Los Angeles, sui primi contatti con il mondo della discografia.
Lettura obbligata per ogni appassionato di rock italiano (e non solo di prog), Le mie verità nascoste è un’autobiografia fresca e coinvolgente, che non conterrà aneddoti di rock’n’roll lifestyle (Tagliapietra rivendica con orgoglio e semplicità la scelta di professionalità della band veneziana), ma disegna in modo efficace diverse epoche della storia del rock nostrano, con il garbo e la signorilità di riconoscere sempre agli ex compagni di viaggio il dovuto merito, senza per questo ambire a essere la storia delle Orme e quindi a dare conto nel dettaglio delle attività di Pagliuca, che della band fu il leader per tutti i ’70, come ricordato dallo stesso Tagliapietra, e di De Rossi. Acquisto consigliato!
Articolo del
07/01/2014 -
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