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È la mezzanotte dell’otto dicembre 1980: Jonathan Cott, storico inviato di Rolling Stone, a letto da un paio d’ore, viene svegliato da una telefonata. Dall’altro lato del filo, una sua amica che piange. John Lennon è stato assassinato. Cott l’ha intervistato, insieme a Yoko, tre giorni prima e, con il pezzo da consegnare per il numero di gennaio, se l’è presa comoda. Non ha ancora trascritto nulla. Ma adesso cambia tutto: quella che doveva essere un’intervista diventa uno scritto in memoriam: Cott afferra i nastri, li riascolta, ne appunta i momenti salienti e compone il suo tributo. Poi restano lì. Per 32 lunghi anni. Quando Cott si decide a riascoltarli, scopre tanta roba buona: e nella sua mente prende forma l’idea di un nuovo, lungo tributo, che parta dalla prima intervista fatta nel 1968 a John, nel suo appartamento londinese di Montagu Square, ne comprenda le parti tagliate, passi per tutte le altre interviste fatte in tanti anni di consuetudine giornalistica e devozione da fan a una delle coppie più famose del rock (se non la più famosa), comprese quelle fatte alla sola Yoko, e delinei un ritratto, attraverso gli anni e attraverso il punto di vista di Cott, dei due artisti che provocarono il mondo alla pace.
Nasce così questo Giorni memorabili, libro interessante proprio dal lato umano, dato che offre un ritratto di John e Yoko in presa diretta e in vari momenti e luoghi della loro esistenza, senza tagli dovuti a spazi giornalistici da rispettare. Si parte dal 17 settembre 1968, nell’appartamento londinese di Montagu Square 34, di proprietà di Ringo (ci avevano vissuto anche Paul, Chas Chandler e Jimi Hendrix), da cui i tre (John, Yoko e Cott) si recano ad Abbey Road, dove i Beatles stanno registrando il doppio bianco, per poi continuare l’intervista nei giorni successivi. Cott ripercorre i momenti salienti della carriera di John, le sue canzoni più significative, lo stato del suo rapporto, allora idilliaco, con Yoko. Ne escono tante piccole perle. Una fra le tante: quella in cui John spiega a Cott che il primo verso di I Am The Walrus (“I am he as you are he as you are me and we are all together”) non è altro che il tentativo di riprodurre in parole l’effetto Doppler di una sirena. Il secondo appuntamento data al 13 dicembre 1970 e vede la coppia stabilita al Regency Hotel di New York: si parla, tra le altre cose, dell’influenza dello psicanalista Janov e della sua teoria dell’urlo primordiale (Primal Scream: vi ricorda qualcosa?) sulla creazione del primo Lp solista di John (in coppia con quello analogo di Yoko), John Lennon/ Plastic Ono Band, uscito appena due giorni prima, e per la prima volta si approfondisce il lavoro artistico di Yoko, di cui Cott è ammiratore.
Se il terzo appuntamento è la fatale intervista del 5 dicembre 1980 al Dakota Hotel di New York, il libro è completato da una lunga chiacchierata con Yoko Ono svoltasi a Stoccolma il 14 marzo 2012. Tra un’intervista e l’altra, Cott riannoda i fili delle vicende esistenziali, prima che artistiche, dei due, regalando diversi aneddoti curiosi o particolari interessanti, dalla vacanza sarda di un Ringo dimissionario dai Beatles in compagnia di Peter Sellers al processo compositivo seguito da Lennon. Yoko è trattata con pari dignità: e, in effetti, anche se il suo lavoro non è mainstream come quello del compagno, c’è da ricordare la sua influenza musicale pesante su New e No Wave, nonché il fatto che considerata una delle artiste più importanti del movimento Fluxus. Cott riesce nell’intento: riesce a far risaltare lo spessore artistico di Yoko, oltre a quello, scontato, di John. In definitiva, un libro che aggiunge sfaccettature interessanti al ritratto di due protagonisti indiscussi degli anni 60 e 70 e che merita senz’altro l’acquisto da parte degli appassionati.
Articolo del
14/03/2014 -
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