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C'è un fantasma che si aggira nella storia della musica italiana: quello di Rettore (non chiamatela Donatella!), meteorite, ma non meteora, che colpì il mondo della musica italiana nel 1979, con l'epocale Splendido splendente, avviandolo alla trasmutazione che lo introdusse agli anni 80. Rettore era rock, benché le chitarre distorte scarseggiassero nella sua musica: nei singoli più famosi univa suggestioni glam derivate dal solito Bowie a quelle della disco fine impero dell'ultimo scorcio dei Settanta, realizzando così una versione nostrana di quell'impasto che, con altri esiti, avrebbe dato vita a una parte consistente del post punk (o new wave che dir si voglia) in terra d'Albione. Sostenuta dal fidanzato (poi marito) e collaboratore Claudio Rego nella parte musicale, che negli album si allargava a influenze progressive (background di Rego e altro componente occulta della nascente new wave), di sé proponeva un'immagine aggressiva, non solo sessualmente, che poco si accordava con gli stereotipi sia della musica tradizionale italiana, sia del rock nazionale, che privilegiava la musa eterea. Per sei anni almeno, fino a Danceteria, il primo flop di una carriera fino ad allora inarrestabile, Rettore spadroneggiò le classifiche e introdusse le novità estere in Italia, non ultimo lo ska di Donatella, si faceva scrivere un paio di brani da Elton John, a Londra si accompagnava con i bei nomi della nuova scena musicale. Poi, scelte sbagliate, discograficamente parlando, e l'inevitabile venir meno dell'ispirazione e dell'accordo coi tempi (i secondi anni 80 furono molto inquadrati, quasi opposto alla frenetica sperimentazione della prima metà del decennio) la relegarono in un ruolo di culto per fans irriducibili e di icona gay come ogni donna di polso e carattere finisce per essere, avvolgendola nell'ombra persistente che colpisce tutt'oggi i protagonisti della new wave italiana (Battiato a parte, che peraltro iniziò ai tempi e nei modi del krautrock dieci anni prima). Colpisce la mancanza, fino ad oggi, di volumi ad essa dedicati: “#Rettore. Magnifico Delirio” di Gianluca Meis giunge a colmare il vuoto, offrendo pure, tramite la tecnologia QR-Code, la possibilità di riascoltare brani significativi dell'artista durante la lettura. Opera di devozione di un fan, ha il merito di riepilogare la carriera della cantante di Castelfranco Veneto e di riportare l'attenzione su di lei, ma manca l'occasione di avviare tanto un discorso critico quanto di approfondirne la biografia non in cerca di vano gossip (che poi, chissà perché, nei libri rock esteri è sempre presente, ma in quelli italiani è peccato mortale), ma nel senso della ricostruzione di un ambiente, di un'epoca, dei rapporti con colleghi e discografici, delle lavorazioni dei dischi, della creazione delle canzoni. Tutto affidato alle impressioni e ai ricordi d'infanzia dell'autore: un po' poco. Quando arriva al grande appuntamento dell'intervista con Rettore in persona, Meis spreca le sue carte, terrorizzato dal cadere nel solito gossip, e conduce quasi tutto il colloquio sul commento di vari aggettivi che descriverebbero la diva. Peccato: una serie di occasioni perdute che neanche il Balotelli dei mondiali. Resta l'utilità in sé del volume: come già detto, richiamare l'attenzione su Rettore, con un approfondimento comunque maggiore di Wikipedia. Piacevole, ma sufficienza scarsa.
Articolo del
20/10/2014 -
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