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Jamaica fine anni ’60 vista con gli occhi di una ragazza madre, che entro la fine del decennio, a venticinque anni, ne avrebbe sfornati altri tre: Rita Marley, compagna per la vita, del musicista che ha fatto conoscere la Jamaica e la religione Rastafari al mondo. Dai bassi fondi di Trench Town, fino a New York, dall’esperienza negativa con Johnny Nash e la JAD, (la sua casa discografica), a quella più positiva con Chris Blackweel, patron della alla Island, con la quale i Wailers firmarono il loro primo vero contratto per tre album. La povertà, i problemi sociali, l’immenso amore per la musica i figli e Jah: tutto sembra far parte di un destino predefinito ma inaspettato, che guida le vite di Rita e Bob, sin da quando per tirare avanti, vendevano i loro 7 inches, trasformando la stanza da letto di notte in un negozio di giorno. Le amicizia ed i retroscena di una vita, che qui si ha la possibilità di assaporare dal profilo umano: Lee Perry che prima di inventare il dub, faceva le pulizie alla Studio One; The Wailers e cioè Bunny Livingston, figlio del patrigno di Bob ed suoi problemi con la legge per possesso di marijuana e Winston Hubert McIntosh (Peter Tosh) esuberante ed irriverente, che furono i primi ad abbandonare sprezzanti il gruppo ed a provare del vero e proprio rancore verso Marley, prima che il progetto diventasse “Bob Marley & The Wailers” ad opera di Lee Perry. Il tutto scorre sotto gli occhi di una fascinosa ed ingenua ragazza nera, piena di vita e di curiosità, carica, come molte sue coetanee, di problemi sociali e personali che affronta con grande coraggio e saggezza e non senza gli adeguati aiuti: dalla onnipresente Zia Viola e dalle amiche (Marcia Griffiths e Judy Mowatt con cui formerà le I-Three) al padre Pops e ad uno stuolo indicibile di parenti amici e poi nipoti. Senza troppi fronzoli nel libro troviamo tutto e non per sentito dire: dai numerosi tradimenti di Bob e relativa genia “illegittima”; dal legame unico ed indissolubile che legava Rita al marito; al racconto dell’attentato che lasciò a Bob come ricordo un proiettile nel gomito per tutta la vita ed a lei una cicatrice in testa di una pallottola rallentata dai dreadlocks. Il libro fila tranquillo come un refolo di fumo tra musica, rastafarianesimo e problemi sociali, fino all’immancabile malattia che, da un alluce ferito giocando a calcio e mai curato, porterà, nel giro di sei anni, prima ad un melanoma maligno all’alluce e poi ad un cancro devastante che raggiuntolo al cervello lo ucciderà nel giro di pochi mesi. Dopo l’uscita di scena di Bob, il libro però perde gran parte del suo mordente: gli ultimi capitoli sono troppo giustificativi e tesi a spiegare come l’autrice abbia gestito e faticosamente combattuto per l’eredità materiale e spirituale di Bob e come la maggior parte di questa fosse stata usata per opere benefiche come la Bob Marley Foundation. Ma d’altronde è la biografia di Rita....o forse no! >>>(Mondadori 2004 pp.240 - €.15.50)
Articolo del
07/06/2004 -
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