Che Bruce Springsteen scriva canzoni che sembrano sceneggiature di un film è cosa risaputa. E allora perché non indagare sul rapporto tra il Boss e il cinema? È quello che si sono chiesti Paola Jappelli e Gianni Scognamiglio di Pink Cadillac, uno dei fan club italiani di Springsteen (www.pinkcadillac.it). Ne nasce un libretto tutt’altro che banale. Tre prefazioni (Mauro Zambellini, Blue Bottazzi e soprattutto Carlo Massarini); un bel saggio introduttivo, che pare breve ma è molto denso, ricco di spunti e informazioni; un elenco dei film amati da Springsteen che sono entrati nelle sue canzoni, con breve sinossi per ciascuno e a volte dichiarazioni del Boss; un elenco di film che contengono canzoni di Springsteen, strutturato secondo gli stessi criteri; un divertente e breve excursus su film che portano titoli identici a canzoni del Boss, a volte per influenza dell’una o dell’altra parte, a volte per caso; una ricca bibliografia sull’argomento. Basterebbe già questo a consigliarne l’acquisto, anche ai non springsteeniani, giacché si può non amare particolarmente il Boss, ma non si può ignorarne il profondo impatto sulla cultura americana che deriva dall’essere la sua stessa produzione una sorta di summa dell’americanità migliore e progressista, una specie di lente focale che concentra in sé tematiche e mitologie che hanno costruito il Grande Sogno americano popolare e, se vogliamo, populista (nel senso nobile del termine), per diramarle poi in nuove direzioni e a nuove generazioni. Un po’ come la copertina di “Darkness on the Edge of the Town”, per me una delle più belle della storia del rock (e non sono affatto springsteeniano) che cita insieme l’Al Pacino di “Serpico” e il film drammatico “Edge of the City” (titolo italiano: “Nel fango della periferia”), una specie di “Fronte del porto” più drammatico e meno romantico, come notano Jappelli e Scognamiglio. Tra le tante curiosità, la generosità di Springsteen nel concedere gratis o per cifre simboliche l’utilizzo di propri brani per film che considera buoni e giusti; il fatto che abbia scritto “The Wrestler” per convincere l’amico Mickey Rourke, caduto in disgrazia, a fare l’omonimo film; che invece la sua canzone per il primo capitolo della saga di Harry Potter sia stata rifiutata “a causa del contratto con la casa editrice del libro che imponeva che nessuna canzone commerciale venisse utilizzata nella saga dei film”. Più importante, certamente, l’analisi del percorso artistico che ha portato Springsteen a scrivere canzoni come fossero piccoli film, passo compiuto per la prima volta con “Born to Run” e perseguito con determinazione a partire dall’album successivo, al punto che tante canzoni del Boss sono sceneggiature in miniatura. Ed è proprio per questo che Sean Penn ha tratto un film (“The Indian Runner”, in italiano “Lupo solitario”, 1991) da una di queste (“Highway Patrolman”, da “Nebraska”. 1982). Insomma: consigliato davvero. E se lo dico io…
Articolo del
05/11/2015 -
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