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Rap, hip hop, posse, centri sociali e musica italiana. Argomenti che presi singolarmente hanno tutti i numeri per riempire pagine e pagine di testo; temi che, in alcuni casi, vanno oltre il discorso musicale abbracciando pezzi di storia recente del costume e dell’opinione (soprattutto quella post teen ager). Non stupisce affatto, in un simile contesto, registrare l’uscita di un libro, edito da Feltrinelli, che si dedica a raccontare la nascita e l’evoluzione del movimento rap in Italia. Un’antologia, così come la definisce l’autore. “Potere alla parola” è andato, così, alle stampe con un editore di prima fascia e con un’introduzione ad effetto firmata da Lorenzo Cherubini. La presenza di Jovanotti in premessa è certamente coraggiosa, una specie di operazione di contrasto e la volontà di contestualizzare, sin dall’inizio del libro, le contraddizioni della scena rap ampiamente divisa tra arrabbiati e non arrabbiati, tra puristi e non allineati. La discussione sul rap e sulle posse è paragonabile ad una bella passeggiata su un campo minato. “Il rap è la musica dell’hip hop, è la cultura di strada che racchiude varie espressioni: graffiti, break dance e rap”. In questa definizione rubata dall’introduzione del libro, un primo tentativo di circoscrivere il fenomeno. Ma la realtà, in Italia, è molto più complessa. Se è vero che il rap arriva da oltreoceano (secondo Pagoda le origini del movimento risalgono addirittura alla fine degli anni ’60 in Giamaica), l’esplosione nel nostro paese del fenomeno è molto più recente e avviene con altre modalità rispetto agli States. L’ambiente di riferimento iniziale è soprattutto quello dei Centri Sociali dove, alla fine degli anni ottanta, nascono le posse e si affermano i primi rappers in lingua italiana. Il discorso musicale assume subito dei contorni più larghi che emergono chiari dalla lettura dei contenuti delle canzoni. Il centro sociale è il simbolo di una militanza e di un’esperienza che ha nella musica uno dei suoi canali essenziali di espressione. I testi dei primi rappers parlano di lotta contro il degrado sociale e politico. I primi passi del rap all’italiana sono segnati dalla denuncia di un’Italia che, siamo all’inizio degli anni novanta, è alla vigilia di grandi terremoti politici. Il libro di Pierfrancesco Pagoda si presenta come una sintesi personale di ricordi e di immagini molto parziali. Rimangono impressi i passaggi fondamentali della storia del rap militante e l’analisi dei tratti distintivi del movimento, dall’uso del dialetto, ad un successo discografico raggiunto senza l’apporto delle grandi labels. Al termine di “Potere alla parola” si ha la netta sensazione di aver seguito uno speciale ad inserti sul tema. Il taglio giornalistico dato al libro, d’altronde, non da via di scampo a questo tipo di lettura quasi “televisiva”. Interessante la raccolta finale di testi di 99 Posse, Frankie Hi Nrg, Ice One, Sud Sound System e Co.
Potere alla Parola, Antologia del Rap Italiano, Ed. Onde/Feltrinelli, 1997, £. 15.000
Articolo del
30/01/2002 -
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