Questa di Eleonora Bagarotti non è una normale biografia dei Beatles. Il motivo è presto detto: non procede considerando i Fab Four come un 'entità unica, ma nelle loro vite parallele, che per un certo periodo (1958-1970), si sono strettamente incrociate, ma in seguito si sono sfilacciate via via. Così Bagarotti considera le vite dei quattro Beatles una per una, secondo l'idea che già fu di Alan Clayson, autore nel 2003 di quattro biografie separate dei Nostri, riunite sotto il titolo “The Little Box of Beatles” (Santuary Publishing) ed edite in Italia l'anno successivo da Mondadori, con la traduzione di Michele Piumini e il titolo leggermente modificato in “The Beatles Box”. Distinguendosi dalla scelta cronologica di Clayson, Bagarotti imposta le biografie per temi. Così, ad esempio, per John abbiamo i capitolo “Il bambino in cerca d'amore”, “Il rivoluzionario”, “Lo scrittore”, “Family Man ritrovato”, “Un pacifista ucciso dalla follia della violenza”, “Il cinema”. Ad ogni biografia segue una discografia degli album solisti, corredata da brevi recensioni di ognuno di essi, e un altrettanto breve intervista a cura dell'autrice. Essendo John e George leggermente indisponibili per cause di forza maggiore, le loro interviste sono sostituite da una con Yoko Ono e una con George Martin. Il volume della Bagarotti non è esente da errori, come quando nega che nel “lost weekend” di Lennon, ovvero l'anno e mezzo di separazione da Yoko, la sua nuova amante , May Pang sia stata scelta da Yoko: ma l'episodio è raccontato nei particolari dalla stessa May Pang nella sua autobiografia, la stessa che Bagarotti cita a più riprese in altre occasioni. Se Bagarotti è in possesso di informazioni esclusive che svelano una menzogna di May Pang non si capisce perché non le propali all'universo mondo: dato che non lo fa, si deve supporre che voglia solo “proteggere” (ma da cosa?) l'immagine di Yoko Ono. Altra piccola pecca sono le interviste che non dicono granché: e allora perché metterle? Boh. Infine, i ritratti dei quattro Beatles suonano un po' troppo agiografici. Dove sono il caratteraccio e le manie new age, spesso davvero ridicole, di Lennon? Dov'è la brutta prova di sé che Paul diede nel periodo finale dei Beatles? Dove si parla del fatto che la fede Hare Khrishna di George scavò un solco tra lui e Pattie Boyd, per cui i nuovi amici rasati erano sempre più importanti della mogliettina? Mah. Fatto sta che nel complesso “4Ever” è un libro sostanzialmente corretto e ha un suo valore innegabile come introduzione alle vite e alle opere dei singoli Beatles. Un punto estremamente positivo è il capitoletto dedicato all'analisi, attraverso esempi, del “drumming rivoluzionario” di Ringo Starr, troppo spesso ingiustamente sottovalutato com batterista. Un libro, quindi, che, se può essere spensieratamente trascurato da chi ha una certa dimestichezza col quartetto di Liverpool, si può altrettanto sicuramente raccomandare a chi si accosti all'universo dei Fab Four.
Articolo del
21/06/2016 -
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