I libri sul rock inglese degli anni Novanta editi in Italia non sono molti, purtroppo: e sì che tra scena di Manchester e brit pop non solo hanno vorticato meravigliosi capolavori e band straordinarie, ma, in diretta competizione con le proposte americane coeve a base di grunge, nu metal e crossover, si è trattato dell’ultimo momento artisticamente e socialmente significativo del rock, prima che la pietra tombale scendesse su di esso. Il caro estinto (e da me amatissimo) non ha retto ai mutamenti della società, come qualsiasi prodotto umano, peraltro.
E però la scena inglese degli anni Novanta ne ha costituito uno degli ultimi momenti artisticamente felici, perdipiù caratterizzato da una vitalità e un atteggiamento gioioso che ha avuto pochi riscontri negli anni finale dell’epopea del rock. Bene venga dunque questo “Britannica” di Alessio Cacciatore, classe 1978, ex collaboratore di “Rockstar” e ora di LamusicaRock.com e indieforbunnies.com, e di Giorgio Di Berardino, classe 1980 e collaboratore del fan club italiano degli Oasis.
L’introduzione del libro mette bene a fuoco, fin dal titolo, la specificità del rock inglese anni Novanta di cui dicevo: “L’ultimo grande party”. Segue quindi una carrellata sulla Madchester baggy, dove vengono presentate le band capofila del movimento, curiosamente alternate in ordine non cronologico con le band che hanno imposto Manchester come una realtà di primo pino nella musica mondiale durante gli anni 80: e così a Stone Roses e Happy Mondays seguono i profili di Joy Division, New Order, The Smiths, per poi riprendere con gli Inspiral Carpets e le band non mancuniane che si sono immesse nella scia baggy, come The Charlatans.
Una scheda è dedicata anche alla Creation Records, l’etichetta di Alan McGee che ebbe un ruolo fondamentale nella rinascita del rock inglese degli anni Novanta. La parte più bella del libro è il lungo racconto dell’epopea britpop, sessanta pagine in cui la rivalità tra la varie band e l’ascesa al trono di dominatrici della musica inglese e mondiale di alcune di esse è narrata in modo coinvolgente e appassionante. Il solo torto è di finire troppo presto. Dopo un piccolo approfondimento sulle coeve scene gallese e scozzese e un report sullo Shiiine on Weekender, festival per nostalgici che si tiene ogni anno nel Somerset, arriva quello che non ti aspetti: una lunghissima e benemerita appendice con brevi schede di ogni band, ma dico proprio ogni band inglese attiva nel periodo trattato dal volume, con felici incursioni nel decennio precedente a caccia delle band che hanno precorso in qualche modo Madchester e Britpop. Meraviglia.
Certo, non tutto è perfetto: impera la mala abitudine di scrivere che un disco è stato “rilasciato”, quando in italiano è stato “pubblicato” (si rilasciano dichiarazioni e arrestati) e i gusti portano gli autori a privilegiare certe band nella spettacolare appendice finale a scapito di altre. Ma ai gusti, si sa, si perdona tutto. Libro consigliato a chi c’era e a chi non c’era e volesse avere una prima idea delle meraviglie che si è perso, Spotify alla mano
Articolo del
28/03/2018 -
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