Quanti libri sui Led Zeppelin sono stati scritti, pubblicati e letti? Tanti, è vero, anche se letti non è mai abbastanza. C’era dunque bisogno di un nuovo volume su di loro? Sì, e non solo perché non ci basta mai, ma perché il saggio del giornalista canadese metallaro Martin Popoff possiede una sua originalità: quante guide all’ascolto sono state scritte sulla produzione dei Led Zeppelin?
Certamente poche, nessuna di cui io abbia (colpevolmente) contezza. Popoff, che è uno cresciuto a pane e metal ed uno dei giornalisti più autorevoli in quel campo, procede metodicamente, disco per disco, canzone per canzone, tralasciando ogni aneddoto che non sia strettamente funzionale all’ascolto del brano o del disco in oggetto: il che vuol dire niente sesso e droga e molto, moltissimo rock’n’roll. Inteso strettamente come musica.
Lo schema è semplice ed efficace: ogni album un capitolo introduttivo, quindi via, canzone per canzone, di cui non solo viene raccontata la genesi e le circostanze di registrazione, ma viene descritto l’incedere, facendo notare al lettore le sue caratteristiche strettamente musicali. Ci si fa notare come è strutturato il ritmo della batteria (Popoff è stato anche batterista, per cui ha un orecchio e un know how particolare per lo strumento di John Bonham), le peculiarità delle parti di chitarra di Jimmy Page, il lavorio del basso o delle tastiere (pane per John Paul Jones, quando non ci sono ospiti come Ian Stewart, il sesto uomo degli Stones), le escursioni vocali di Robert Plant.
Popoff non tace di fronte all’annosa questione dei plagi zeppeliniani: anzi, li spiega, mostrando fino a che punto si può parlare di plagio e quanto invece gli Zep ricreano e riscrivono pesantemente i brano da cui traggono - per così dire, ah-ehm - ispirazione. Ci informa anche delle cause, delle condanne, delle vittorie e degli accordi extragiudiziali. Ci fa notare il modo progressivo in cui cambia il modo di suonare la chitarra da parte di Page e quanto preannuncia sia i suoi anni ’80 (cone The Firm e da solista) sia quanto abbia precorso un certo suono grunge. Stesso discorso per le tastiere di Jones, che in lavori come In Through the Outdoor precorrono gli esperimenti di Genesis e e Van Halen negli anni 80.
Infine, notevoli le notazioni su cosa delle canzoni dei Led Zeppelin trascenda il blues, il folk o l’hard rock per fondare l’heavy metal: il più delle volte si tratta del suono e dell’interpretazione, viste le profonde radici compositive della band nella tradizione, fatte ovviamente le dovute eccezioni.
In definitiva: il libro vale i suoi 23 euro? Certamente sì, in quanto apre a volte modi nuovi e insospettati di ascoltare gli Zep, oltre a essere corredato, come è uso dell’editrice Il Castello, da un ricco e raffinato apparato iconografico
Articolo del
25/03/2019 -
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