2 dicembre 1968: esce il nuovo 45 giri dei Beach Boys, "Bluebirds over the Mountain", una cover di un brano del 1958 del cantante rockabilly Ersel Hickey. Non se lo filano in tantissimi (n. 61 in Usa, 33 in Uk) e non è certo una delle cose migliori della band. Ciò per cui passerà alla storia è però la facciata B, "Never Learn Not to Love", altra cover, stavolta di un cantautore di belle speranze, che si è insediato a casa di Dennis Wilson, il batterista della band, da qualche mese, un trentaquattrenne ex galeotto, ospite fisso delle prigioni Usa: .
Dopo avergli fatto registrare diversi demos a casa del genietto della famiglia, Brian, al 10452 di Bellagio Road, a Los Angeles, averli fatti girare nell’ambiente, averlo presentato a musicisti (tra cui un Neil Young che ne rimase favorevolmente impressionato) e produttori tra cui Gregg Jakobson, Rudi Altobelli e Terry Melcher, i Beach Boys decidono di registrare essi stessi una canzone di Manson, che si sta innervosendo perché il suo genio non viene riconosciuto. Gli cambiano però il titolo, usando come tale un verso differente da quello scelto da Manson, che era invece un ben più inquietante "Cease to Exist".
I magri risultati di vendita e lo scarso interesse dell’industria discografica nei suoi confronti saranno i motori della terribile vicenda con cui Manson e i suoi adepti passeranno alla storia: i terribili 5 omicidi di 10050 Cielo Drive, quelli dei coniugi LaBianca e quello dell’insegnante di musica, ex adepto di Manson, Gary Hinman, compiuti tra il 27 luglio e il 10 agosto 1969, pochi giorni prima del Festival di Woodstock. Ad essi è da aggiungere con ogni probabilità, anche se i responsabili rimangono tuttora sconosciuti, quello dell’avvocato Ronald Hughes (novembre 1970), incaricato della difesa di Manson.
La vicenda della Manson Family è una delle più note, terribili e allo stesso tempo leggendarie e affascinanti della storia dei crimini dell’ultimo secolo, per tanti motivi: l’orrore che esplode al culmine di quella che sembrava la rivoluzione hippie del “pace e amore”; il volto da demonio di un uomo che, giocando sul proprio cognome, si faceva passare per la reincarnazione di Cristo presso i propri adepti; il coinvolgimento di membri del jet set losangelino e hollywoodiano, tanto come vittime quanto come semplici persone venute a contatto con Manson; il delirante fraintendimento dei presunti messaggi sull’Apocalisse prossima ventura contenuti in 5 brani del WHITE ALBUM dei Beatles, ovvero "Helter Skelter", "Revolution 1", "Revolution 9", "Blackbird" e "Piggies"; il sottile confine tra follia criminale e religiosità new age; la capacità di plagiare menti indifese; la sconfitta dell’utopia che voleva cancellare regole morali e ragione in favore dello scatenamento del principio di piacere.
Di libri sulla vicenda ne sono stati scritti tanti. Questo di Mariopaolo Fadda sceglie tre criteri per narrare la storia: quello cronologico, a partire dalla strage dell’8-10 agosto 1969; il ritratto personale di vittime e carnefici; il racconto del processo, con particolare risalto sulla condotta di Manson e quella di Vincent Bugliosi, il sostituto procuratore incaricato dei casi, che finiscono appunto per diventare involontariamente simboli, nella realtà degli eventi e nella narrazione del volume, di istinto folle e ragione ordinatrice. Scrive bene, Fadda, e inchioda il lettore col fascino lugubre della vicenda, riuscendo però a conservare una lucida chiarezza nell’esposizione anche quando la storia diventa convulsa, atroce e scioccante, come nella descrizione minuto per minuto, spesso attraverso le parole degli stessi colpevoli, degli omicidi.
Ciò che distingue il libro di Fadda da altri apparsi negli ultimi anni in Italia è la scelta di concentrarsi sui delitti, i moventi, il processo, invece che sugli intrecci musicali del caso, che ovviamente non viene però sottaciuta, costituendone il retroterra e il movente. Un libro consigliato per rabbrividire sotto la calura estiva, e per riflettere su come il sonno della ragione generi mostri.
Articolo del
05/07/2019 -
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