Qualche tempo fa, quando si parlava della probità dei giornalisti secondo gli sciamannati parametri grillini, (se mi si accusa di fare politica poi mi girano i coglioni e la faccio sul serio, ndr) Pietrangelo Buttafuoco (che, ci tengo a dirlo, professionalmente trovo un maestro, seppur ideologicamente si sia di due parrocchie opposte), dopo aver scoperto di non figurare nella stellata lista di proscrizione, aveva commentato definendo il giornalismo come "un mestiere fatto di cinismo ed arrivismo".
Mestiere, quindi, abbastanza bastardo e, per certi versi infame: bisogna sporcarsi le mani ed essere pronti ad inventarsi soluzioni alternative. Tipo, in caso di intervista bloccata da un ufficio stampa, (ci tengo a dirlo, più che gentilissimo, soprattutto se paragonato ad altri che non dicono nemmeno di no, ndr) ecco che il semplice chiacchierare con gli artisti può servire per cavare un ragno dal buco.
Ma andiamo per gradi. Solitamente mi occupo di musica (ed in realtà la musica è la causa prima di quello che sto per scrivere), ma di base, quello che mi piace fare effettivamente è "raccontare le storie ai figli degli altri", per dirla con un artista clamoroso come Motta. Oltre a questo, dal momento che il mio futuro più probabile sarà essere un grigio insegnante, sicuramente pessimo nel rispettare le tempistiche dei programmi scolastici, adesso farò esattamente ciò che, fra qualche anno, succederà nelle mie classi: elucubrare.
Partendo da questi presupposti, non ho potuto fare a meno di apprezzare al cento per cento il romanzo antibiografico degli Zen Circus ed, oltre a questo, anche la presentazione che gli stessi Zen hanno fatto, con l'aiuto di Corrado Fortuna come moderatore, ai Candelai, a Palermo.
L'ho apprezzata intanto perché è stata genuina, senza filtri. Divertente ed orizzontale, totalmente assente della benché minima idea di quarta parete. E poi perché ha messo insieme i due fattori di cui sopra, il racconto e l'elucubrazione. "Andate tutti affanculo" l'ho trovato uno dei libri più belli e coinvolgenti degli ultimi tempi perché è così umano che più umano non si può. È una storia raccontata senza melensaggini, senza piangersi addosso per le occasioni perse o sbrodolarsi di sopra per i successi ottenuti.
Ci sono gli alti e ci sono i bassi, l'autoironia e la tenerezza, il fatalismo ed il coraggio. Riesce a toccare vette di commovente lirismo e riesce ad immergersi "nella merda", per dirla con le parole di Fortuna. Attenzione, non la merda fisica, ma la merda psicologica, quella dei mostri che abitano la mente di ognuno di noi. Eppure il romanzo, quella merda lì, la butta in faccia senza nessun problema, come a completare una sorta di anabasi catartica.
È un romanzo di formazione che schiaccia l'occhio ai romanzi on the road alla Kerouac. Ed è anche un romanzo storico, racconta alla perfezione un periodo importante della storia italiana (comincia da Capaci e si snoda lungo il berlusconismo ed i fatti del G8 di Genova) e perché racconta anche un'altra Italia, quella musicale, in grande fermento. Ci sono Max Sartor e Pierpaolo Capovilla del Teatro degli Orrori, ci sono i Verdena quando si chiamavano ancora Verbena, c'è Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, c'è Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione, c'è Giorgio Canali.
È un vero e proprio documento storico, in tutto e per tutto. E, se qualcuno, comprensibilmente, si commuoverà in certi passaggi, per il semplice fatto di aver vissuto quei momenti, qualcun altro li potrà capire veramente leggendo il libro. Qualche tempo fa dissi che, una volta in cattedra, avrei spiegato le guerre nei Balcani facendo ascoltare "Linea Gotica" dei Csi. Adesso aggiungerei la lettura di "Andate tutti affanculo" per raccontare un pezzettino di storia del "paese che sembra una scarpa".
Tanto gli Zen sono d'accordo, gliel'ho anche chiesto, per cui… Oltre che col buon Karim, col quale, in verità, abbiamo tralasciato l'argomento "libro/ Zen/ musica", quattro chiacchiere le ho scambiate anche con Ufo, discutendo un po' di Andate tutti affanculo album, e di come questo fosse in discreta controtendenza, almeno prettamente strumentale, con gli album del periodo, o almeno con quelli provenienti dal circuito indipendente ("Nostra signora della dinamite" piuttosto che "A sangue freddo" o "Tempi bui"): tanto ruvidi ed incazzati erano quelli, quanto "agrodolce", come ha ben detto Ufo, era il loro. Ufo dice che si tratta di essere avanti coi tempi, aver capito che il linguaggio musicale si stava spostando verso sonorità più "gentili" (per quanto, anche in "Il fuoco in una stanza" c'erano dei pezzi più "sporchi", e mi viene in mente "Low cost", per citarne uno).
D'altro canto, anticipatori lo erano stati anche un anno prima, quando si fecero precursori dell'atmosfera musicale rabbiosa del 2009, tirando fuori "Villa Inferno". Ad Andrea, sempre nel chiacchiericcio post firmacopie, ho fatto una domanda che è un po' una quadratura del cerchio. Mi spiego: conobbi gli Zen Circus attorno al 2015, mi sembra, quando il buon Appino entrò in conflitto con The Voice, in una discussione che un tipo prolisso come me farebbe durare, fra considerazioni personali e vari improperi, almeno tre pagine. Su internet la trovate, cercatevela lì, snellirete i tempi di comprensione. Mi incuriosì molto la reazione di Andrea, che, ammetto, sulle prime presi per stronzo megalomane. Poi capì che aveva ragione da vendere.
Ad ogni modo, a precisa domanda "Andresti a fare il giudice ad un talent", segue precisa risposta: "No, ho di meglio da fare". Game, set, match. Non che avessi qualche dubbio, ma fa sempre piacere sentire dire certe cose.
Ecco, questi sono gli Zen Circus. Liberi, senza filtri, "allegramente fatalisti" e divertenti. Tutti i loro umori stanno nel libro. E vi assicuro che si raccontano davvero bene. Se ancora non avete capito perché comprarlo, beh… andate tutti affanculo
Articolo del
07/12/2019 -
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