Quale punk band piazzò un proprio album per prima nella UK Top Ten? I Sex Pistols? No. I Clash? No. I Damned? No. Gli Stranglers: il 7 maggio 1977 RATTUS NORVEGICUS svettava al n. 4; i Clash, la settimana prima, avevano toccato il picco del loro omonimo debutto al n. 12.
Non solo: dal 1977 al 1981 gli Stranglers piazzarono tutti i loro album trai primi 10. Una band estremamente popolare, ma trattata marginalmente nella storia del punk e della new wave. La colpa pare sia da ascriversi alla stessa band, in particolare al bassista Jean-Jacques Burnel, che, seccato per una definizione poco lusinghiera data data dal cantore del punk Jon Savage proprio della copertina di RATTUS NORVEGCUS, ebbe l’idea poco felice di lanciargli una Coca Cola in faccia definendolo un “nemico della rivoluzione”. L’abbozzo di rissa che seguì fece sparire gli Stranglers dalle opere di Savage.
A tentare di riparare i torti della Storia, almeno in Italia, giunge ora questa bella e agile biografia di Stefano Gilardino, in prima linea nella diffusione del punk in Italia fin dall’inizio degli anni ’80 e ora firma di Rolling Stone. L’opera parte dagli esordi della band, dediti a un insospettabile soft rock, passa per le prime incisioni che ne fanno un nome di punta prima del punk e poi della new wave, e giunge fino ai giorni nostri, riuscendo a coniugare l’occhio amorevole dell’appassionato all’obbiettività del giudizio del critico, che non teme di evidenziare i brutti passi falsi nella discografia della band.
Ricca di aneddoti (meno di date precise, per scelta, e per me è un peccato), scritta con stile scanzonato e ammiccante al lettore (gradevole, ma un po’ meno puntini puntini avrebbero giovato, per i miei gusti), “The Stranglers. Uomini in nero” è un ottimo viatico alle vicende e alla discografia di una band che, come evidenzia lo stesso Gilardino, si è sempre mossa alla ricerca di qualcosa di nuovo, riuscendo nella transizione dal punk alla new wave fallita a quasi tutti i colleghi (le eccezioni che mi vengono in mente sono Siouxsie & the Banshees e Billy Idol) e producendo una serie di album di assoluto spessore dagli esordi al 1984 di AURAL SCULPTURE, con la coda significativa del grande singolo del 1986 Always in the Sun.
Quindi, nel 1990, l’uscita del chitarrista Hugh Cornwell e anni di difficoltà artistiche cui segue il ritorno ad alti livelli con SUITE XVI del 2006. Una storia importante, per appassionati di punk e new wave inglese
Articolo del
02/04/2023 -
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