Mentre, qualche mese fa, le testate specializzate celebravano il già celebrato con una profusione di articoli in occasione dell’ennesimo anniversario (i 50 anni di “The Dark Side of the Moon”), il canadese Matthew Goody aveva da poco dato alle stampe “Needles and Plastic: Flying Nun Records, 1981–1988”, opera monumentale in omaggio alla Flying Nun, etichetta indipendente neozelandese attiva dall’inizio degli anni Ottanta che, tra mille peripezie, ha lasciato un segno indelebile nel campo della musica underground.
Una follia assoluta, questo librone di quasi quattrocento pagine, zeppo di immagini: gli albori e la storia della Flying Nun, fondata da Roger Shepherd a Christchurch col preciso obiettivo di dare un minimo di visibilità alle band locali da lui apprezzate, sono ricostruiti con l’analisi minuziosa di ogni uscita discografica (soprattutto sette pollici ed EP, per contenere i costi di produzione) e delle vicende che hanno portato gli artisti a catturare su nastro, di volta in volta, le proprie composizioni.
Fonti di ispirazione: Rough Trade, Factory Records e 4AD, e le sonorità di garage, psichedelia, punk e post-punk; spirito rigorosamente indipendente e DIY (Do it yourself); passione smisurata; budget limitatissimi e problemi finanziari sempre presenti, anche nei momenti di massimo fulgore; il contributo essenziale di amici e familiari per mandare avanti la baracca tra registrazione, promozione e distribuzione dei dischi, e organizzazione dei concerti; il sound amatoriale dovuto alle incisioni prevalentemente su quattro o otto piste (di cui si occupavano Chris Knox e Doug Hood), tratto distintivo ma pure stigma che avrebbe escluso dalla programmazione radiofonica nazionale i complessi dell’etichetta; la tenacia ostinata, e ogni tanto le scelte inopportune; il plauso di parte della critica guadagnato faticosamente, che però raramente ha portato a riscontri, in termini di guadagno; il sostegno fornito da John Peel; la stima conquistata in ambito internazionale, le collaborazioni che ne sarebbero conseguite (la compilation dei The Chills pubblicata dalla Creation Records; la stampa in Nuova Zelanda di album di Sonic Youth, Butthole Surfers e Big Black) e, negli anni Novanta, i tributi di artisti quali Pavement, Cat Power e Yo La Tengo.
I numerosi “protagonisti” di “Needles and Plastic” sono per lo più misconosciuti, e parecchi titoli riportati nel testo sono purtroppo fuori catalogo, o difficilmente reperibili, anche se ristampati, se non a prezzi proibitivi. Dai più “noti” Clean e Chills, a Tall Dwarfs, Verlaines, Straitjacket Fits, Bailter Space, Netherworld Dancing Toys, Able Tasmans, Bird Nest Roys, Look Blue Go Purple.
L’elenco è corposo, ed è probabile che i contenuti possano destare l’interesse e stuzzicare la curiosità anche di chi non padroneggia l’argomento.
Che un autore si sia dedicato con attenzione così meticolosa, e con tale impegno, a una monografia su un’etichetta indipendente è cosa davvero degna della massima considerazione. Encomiabile, ovviamente, anche la Third Man Books, costola della Third Man Records di Jack White, che ha reso possibile un’impresa del genere. Unico difetto: nella messe di foto, manifesti e locandine che arricchisce il libro, l’inspiegabile assenza delle copertine dei dischi citati da Goody
Articolo del
12/06/2023 -
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