Anni ’60: una villa isolata, un colle, un grande parco, una festa di ragazzi borghesi discretamente annoiati. Due di loro se ne contendono una terza. Tra di loro un piccolo test: un raccontino che presenta delle scelte, alla fine interpretate pseudo-psicanaliticamente, come andava di moda una volta. Poi i due maschi escono, se ne vanno in mezzo alla campagna. Incontreranno tutte le prove del test. Uno tornerà, l’altro no.
È uno dei racconti di Tenco che questo “Lontano, lontano. Lettere, racconti, interviste”, a cura di Enrico de Angelis ed Enrico Deregibus, svela. Nato come soggetto per un film, sviluppato come abbozzo di sceneggiatura e quindi come racconto vero e proprio, narrato con una certa maestria, colpisce perché i due protagonisti maschili paiono due lati della personalità del cantautore: una schiva, l’altra avventurosa; una politicizzata e polemica, l’altra alla mano. Fa venire dei dubbi anche a chi, come me, non crede al suicidio (si legga l’ottimo “L’ultimo giorno di Luigi Tenco” di Ferdinando Molteni per comprendere le ragioni di questa non credenza). Stupisce, come gli altri due racconti qui presenti, per un certo gusto tra Kafka, Buzzati, il cinema di Bergman e quello della Nová Vlna cecoslovacca.
Insomma, è raccomandato assai, questo benemerito lavoro compilativo di de Angelis e Deregibus, che, raccogliendo scritti e dichiarazioni di Tenco, mostra lati sconosciuti dell’artista, non ricavabili dai testi delle sue canzoni, tutt’al più intuibili da certe dichiarazioni. Le quali sono tutte qui raccolte: non sono tante, ma all’epoca la musica leggera non godeva di tante attenzioni da parte della stampa, e quando c’erano erano per lo più della stampa gossippara. Leggendole, si ha l’impressione che spesso Tenco giochi al gatto col topo, tendendo agguati e mentendo gratuitamente all’intervistatore, a meno che questo non avesse conquistato la sua stima. Sarà per questo che, fin dai comunicati stampe delle sua case discografiche, si faceva assimilare a un gatto? Quien sabe?
E che dire dei temi delle elementari? Dove finirono quella solarità, quella speranza, quell’apertura alla vita che ne traspaiono? La vita, la crescita, la coscienza le portarono via presto a Tenco, consegnandoci un cantautore ombroso, sfuggente, restio ad aprirsi, in lotta che un mondo che doveva cambiare, che stava per cambiare e al cui cambiamento, a modo suo, contraddittorio e pieno di cambi di direzione (come quando passa dal detestare Dylan ad apprezzarlo: però non quello visionario e rimbaudiano di metà anni ’60, ma quello di qualche anno prima, cantore folk degli umili e portavoce - suo malgrado - del movimento di protesta), voleva assolutamente contribuire.
“Lontano, lontano” è zeppo di documenti preziosi, prima inediti (la dichiarazioni argentine durante il tour in quel Paese) o ormai dispersi qua e là (le lettere alla misteriosa Valeria, ad esempio, che invece personalmente mi riconfermano l’ipotesi fatta da Molteni). È dunque un testo prezioso, da avere assolutamente, e che si vorrebbe più ampio.
Articolo del
19/03/2024 -
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