Avete mai visto Freddie Mercury sorridere? Difficile, visto che il cantante dei Queen si vergognava moltissimo della sua eccessiva dentatura. In questo libro dell’ex roadie Peter Hince, al servizio delle Loro Maestà Britanniche dal 1975 al 1986, però potrete vederlo, questo benedetto sorriso. Appassionato di fotografia, Hince ebbe il privilegio di ritrarre i Queen in pose non ufficiali, talora di nascosto, come quando si esibivano live: gli scatti sono superbi e conditi di ricordi che raccontano da altri punti di vista episodi già molto noti, come la composizione di "Crazy Little Thing Called Love," o meno, come la passione del vocalist per Scarabeo o l’origine dello sfondo della copertina di THE GAME.
Era un giorno di novembre 1973 quando i Queen entrarono nella vita di Hince, allora roadie dei Mott The Hoople, che avevano appunto scelto i Queen, freschi dell’incisione del primo album, come spalla per il loro tour inglese, le cui prove si svolgevano alla Manticore di Fulham, un ex cinema di proprietà di Emerson, Lake & Palmer, utilizzato dal trio come magazzino per l’attrezzatura e sala prove, anche da affittare a terzi.
L’esuberanza sul palco dei Queen colpì subito Hince, che mai avrebbe pensato che un anno e mezzo dopo, nell’estate del 1975, sarebbe stato chiamato dal management della band insieme ad altri roadies dei Mott. Arrivò durante le registrazioni di A NIGHT AT THE OPERA, procurò un’arpa a Brian May, da utilizzare su Love of my Life, e si trovò a domandarsi se quello era veramente rock: “Beh, è comunque un lavoro”, si rispose.
Era rock. E il lavoro lo avrebbe portato lontano, per 11 anni intorno al mondo, condividendo anche i momenti più intimi dei membri della band. Otto sono i capitoli attraverso i quali si snoda la narrazione di Hince, oltre all’introduzione. Si parte dall’estate del 1976, passata prima ai Ridge Farm Studios, nel Surrey, e poi a The Manor, nell’Oxfordshire, dove la band stava scrivendo il materiale che avrebbe dato vita a A DAY AT THE RACES. Qui occorsero due incidenti automobilistici: uno a Hince che trasportava in città Mercury; l’altro a Roger Taylor, che provava la sua nuova Range Rover nel giardino del Manor. Quest’ultimo è documentato dalle foto di Hince.
Si passa quindi ai tour del 1976-1979, e poi ai tempi di Monaco, con la prima foto di Mercury coi baffi, richiesta a Hince “per capire come appariva in stampa. Mentre aspettavo i canonici sessanta secondi per lo sviluppo della Polaroid, Fred era agitato. “Allora, quanto ci vuole ancora?”. Staccai la pellicola e prima che potessi guardarla bene lui me la strappò di mano, in visibilio: “Sto benissimo, vero?” La giuria non aveva ancora deciso al riguardo... ma diventò comunque il suo tratto distintivo per la maggior parte degli anni ‘80, nonostante i rasoi usa e getta lanciati sul palco dai fan in segno di protesta”. Simpatiche anche le foto di Mercury con una fallica bottiglia di birra Augustiner.
Spazio quindi ai tour giapponesi del 1976 e del 1979, con un appendice sul sopralluogo in Corea del Sud del 1984, effettuato da John Deacon e Roger Taylor, in promozione di THE WORKS. Si passa a Montreux, con la descrizione più completa che abbia letto (non sono onnisciente) dell’incontro con David Bowie che fruttò Under Pressure e la notizia che “Vennero composte e registrate altre basi [...]. Mentre improvvisavano il nastro girava. Che quel materiale sia stato cancellato? Saranno mai pubblicati, quei brani? Me li immagino rinchiusi in qualche caveau di un cattivo alla James Bond tra le montagne svizzere”.
Tocca quindi ai tour sudamericani del 1981 e del 1985 con Hince e un altro roadie che finiscono sui giornali scambiati per Deacon e Taylor all’arrivo all’aeroporto di Rio De Janeiro. Molto interessante il capitolo sui video, con belle fotografie di scena. Si conclude con il capitolo sul Live Aid. Ricco di aneddoti sfiziosi, il volume è una festa per gli occhi. Consigliato ai fans.
Articolo del
20/05/2024 -
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