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Sembra quasi innaturale mettersi a spiegare chi erano i Pink Floyd e che cosa hanno rappresentato nell’ambito della musica rock internazionale a partire dalla fine degli anni sessanta fino ai nostri giorni. David Gilmour, Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason sono nell’immaginario di molti, sono considerati ormai un mito inaffondabile ed inimitabile, ognuno di noi ne possiede una discografia più o meno articolata, e un cd come “The Dark Side Of The Moon” o un dvd come quello che ritrae i “Pink Floyd At Pompei” saranno sugli scaffali di milioni di persone. Chissà quanti avranno letto almeno una volta le loro note biografiche e sapranno della storia di Syd Barrett e dei suoi problemi con l’LSD, ma non sono poi molte le pubblicazioni che contano per davvero sui Pink Floyd. Questo libro non ha affatto intenzioni enciclopediche, e ne ringraziamo l’autore per questo, ha però una prerogativa tutta particolare, che è quella di voler rileggere il percorso di innovazione e di sperimentazione musicale del gruppo alla luce della multimedialità odierna. Infatti dopo una analisi delle origini e dopo essersi soffermato sulle radici del rock teatrale della band, Gianfranco Salvatore, che insegna Storia e Metodologia Critica della Popular Music all’Università di Lecce, prende in esame “The Wall” che non è soltanto uno dei dischi più noti del gruppo inglese, ma che è stato anche un eccezionale “live show”, nonché un imperdibile film per la regia di Alan Parker e che diventerà prossimamente anche un musical. Ben trecento pagine di racconto e di osservazioni critiche, ricche di episodi curiosi ed interessanti che ripercorrono la genesi delle canzoni di quel disco, e le mirabilia di quello show dal vivo a Berlino, con un muro impiantato e demolito nell’arco della stessa serata, risposta ideale e al tempo stesso concreta alle paure e alle ansie che per tanti lunghi anni avevano attanagliato migliaia di giovani berlinesi. Solo il rock possiede il linguaggio giusto per riscattare i momenti di disperazione e le forme di violenza collegati inevitabilmente a tali forme di separazione e di distacco. Solo il rock, visionario e catartico di quegli anni, solo la musica dei Pink Floyd poteva presiedere a questa liberazione! C’è un capitolo intero sulla drammaturgia musicale di “The Wall”, ci sono le metafore e le valenze psicologiche in esso contenute, è un saggio di valore assoluto, che consigliamo a tutti i cultori del Rock Progressivo di quegli anni .
Articolo del
09/05/2005 -
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