Un classico. Di chi sto parlando? C’è l’imbarazzo della scelta: classico è sia Edoardo Bennato, sia questo benemerito volume di Francesco Donadio, massimo esperto italiano sia del rocker napoletano sia di David Bowie.
Questo volume è un classico per almeno un paio di motivi: il primo è che è fatto talmente bene che merita la ripubblicazione, aggiornato e (minimamente) corretto; il secondo è che ha avviato la rivalutazione di Bennato, che, quando il volume uscì nel 2011 con il titolo “Edoardo Bennato. Venderò la mia rabbia” per Arcana, era al minimo storico della sua considerazione.
Ovviamente il rocker c’ha messo molto del suo impegno per uscire da questa situazione, ma il fatto che l’opera sia diventata una pietra miliare è confermato dal fatto che il recente documentario RAI “Sono solo canzonette” in molti punti pareva prendere le mosse proprio dal volume di Donadio.
“Rinnegato!” è diviso in cinque parti, la prima delle quali si sofferma per 72 delle 376 pagine totali sugli inizi della carriera e della vita di Bennato: parte succosa e preziosa, che permette di conoscere sia il contesto umano in cui cresce (l’ILVA di Bagnoli; la Napoli della base USA, che trasmise all’Italia il germe del rock’n’roll) sia la precoce iniziazione alla musica dei tre fratelli Edoardo, Eugenio e Giorgio come Trio Bennato, che guadagna loro subito un invito in Venezuela; e poi i difficili esordi del cantautore, prima a Roma, quindi a Milano, alla corte della Numero Uno, senza mai trovare la propria dimensione, tanto che il primo album, NON FARTI CADERE LE BRACCIA, che contiene già classici come la title track, Una settimana... un giorno…, Campi Flegrei, Un giorno credi, Rinnegato, vende solo 350 copie in tempi di grande salute discografica.
Qui si apre la seconda parte: scaricato in pratica dalla Ricordi, Bennato, tramite il fratello Eugenio, si rivolge a Renato Marengo di “Ciao 2001”, mentore della scena alternativa napoletana, il quale concepisce l’idea del famoso agguato di Roma, con Edoardo che scende da una Fiat 600 scassata e comincia a suonare chitarra, armonica, kazoo e tamburello davanti a una ventina di critici che stanno andando alla presentazione di un disco straniero. Il direttore di “Ciao 2001”, Saverio Rotondi, rimane colpito dai racconti dei suoi giornalisti e ha l’idea: spedire Bennato ai festival di musica rock (che allora era quella alternativa) che fioriscono ovunque nell’Italia politicizzata degli anni 70.
Al secondo tentativo, la “Terza Rassegna di Musica Contemporanea” di Civitanova Marche, Bennato fa il botto. La sua strumentazione da one-man band gli permette di andare ovunque con poca spesa. E in breve conquista il pubblico, aiutato anche dal fatto che un altro napoletano, Raffaele Cascone, uno dei conduttori della trasmissione radiofonica RAI “Per voi giovani”, che in quel momento ha 600.000 ascoltatori a puntata, comincia a passarlo massicciamente: nelle sue canzoni di ribelle schierato/non schierato comincia a riconoscersi un’intera generazione, ansiosa di cambiamento, ma nemmeno appiattita sulle posizioni degli estremisti neofascisti o comunisti che si stanno combattendo armi in pugno in quel momento, in quella che è passata alla storia come “la guerra civile a bassa intensità” italiana. Quando nel 1974 esce il secondo album, I BUONI E I CATTIVI, secondo alcuni il suo capolavoro, Bennato si affaccia finalmente in classifica, anche se ancora nei piani bassi, tra il 60° e il 43° posto, da aprile ad agosto. Quindi il balzo al 30° posto; a ottobre fa capolino in Top 20; esce di classifica solo a metà novembre, dopo 8 mesi di permanenza.
Da qui in poi le cose vanno in discesa, anche se non così lisce come ci si potrebbe aspettare, dati i tempi. Bennato è richiestissimo dai festival di sinistra, ma le contestazioni sono molte in un periodo in cui la richiesta di musica gratis è molto forte e in cui gli organizzatori chiedono agli artisti di rinunciare al compenso “per la causa”. Bennato cause non ne ha, se non il suo ribellismo a tutto e tutti: e perciò molte sono le frizioni con pubblico e organizzatori, che a volte giungono allo scontro fisico. Dopo oltre cento pagine, inizia la terza parte, dedicata al periodo in cui Bennato è all’apice del successo, quella che va da BURATTINO SENZA FILI al pienone di San Siro, il 19 luglio 1980.
Anche qui il racconto degli scontri con i contestatori è ricco, ma notevoli sono anche quelli del tentativo di esportare Bennato, il cui successo in patria è oceanico, all’estero, specie in Svizzera, Germania, Yugoslavia e Francia, e dell’avvicinamento a reggae e punk, che lo porta a suonare con i Gaznevada nella title track di UFFÀ UFFÀ.
Ormai Bennato dal vivo gira con fior di musicisti ed è senza ombra di dubbio la vera rockstar italiana di quegli anni. Dopo una settantina di pagine comincia la quarta parte, dedicata alla svolta degli anni 80, che testimonia da un lato la voglia di ricerca di Bennato, dall’altro la sua assenza di una direzione precisa, che lo porta a passare dalle sonorità durissime di KAIWANNA al nazionalpopolare di Viva la mamma e Un’estate italiana, in una lenta, progressiva e non percepita erosione della propria credibilità presso il pubblico come bastian contrario che dura fino all’inizio del nuovo millennio.
Pure l’ispirazione, com’è inevitabile, perde colpi, anche in conseguenza di tristi vicende personali. Si arriva dunque alla quinta parte, aggiunta in questa edizione, che riannoda le ultime vicende, con un Bennato che viene conteso da diverse parti e leader politici, che sfrutta per risalire la china in che ha disceso, fino a riconquistare la statura di classico, scrollandosi di dosso quella del tutto immeritata di “uno che era famoso un tempo, chissà perché”.
Il libro è fittissimo di testimonianze degli amici, dei due fratelli, dei collaboratori di ogni tempo, estremamente documentato nel seguire l’artista perfino nelle sue tournée, rispettoso, ma mai agiografico: racconta un personaggio ruvido con delicatezza, ma senza sconti. Un must. Da avere assolutamente
Articolo del
16/07/2025 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|