|
Paul Morley, chi era costui? Semplicemente un tizio che a 25 anni, santificato per morte precoce e vita maledetta il buon Lester Bangs, si trova ad essere il miglior scrittore rock del pianeta, e non su una fanza oscura, ma su quella Bibbia del rock inglese ed europeo che è stato a lungo l’NME. Essere i più bravi a 25 anni stufa, per cui Paoletto molla l’NME, sforna saltuariamente qualche pezzo (per The Face ed Esquire!!!), presenta un programma su BBC2. decide di fare il salto della barricata. Lavora con Frankie goes to Hollywood, New Order, Grace Jones, Brian Eno e diventa membro degli Art of noise. Sì, quei cinque-sei che la loro in fatto di elettronica l’hanno un attimino detta. Nel frattempo, nell’83 aveva fondato con Trevorn Horn anche la Z.T.T. records. Embè? Scordavo di dirvi che oltre a diversi dei succitati la Z.T.T. ha edito anche 808 state, Afrika Bambataa, le All Saints (l’anello mancante fra una girl band e l’intelligenza). Ah, il nome. Preso dal “Zang Tumb Tumb”, poema rumorista di Filippo Tommaso Marinetti. Uno così, capirete, non è un tipo qualunque. Soprattutto se non ha perso il vizietto di scrivere da Dio. Così, specie di fronte a tanta pochezza dell’editoria musicale italica, questo libro è una boccata d’aria fresca. E per vari motivi. Uno, Paul Morley è uno che riesce sempre a essere chiaro, di qualsiasi cosa scriva, qualsiasi concetto astruso stia illustrando, qualsiasi forma musicale lontana dall’esperienza comune stia evocando. Mettendo in pratica il precetto di un signore austriaco prima metà del 900 chiamato Ludwig Wittgenstein, filosofo del linguaggio che disse più o meno: “Qualunque cosa può essere detta, può essere detta in modo chiaro”. Due, chiarisce perfettamente la dinamica della musica popolare e quella della sua inevitabile deriva elettronica. Sospettereste mai che “Can’t get enough of my head” dell’adorabile ninfetta Kylie Minogue, hit tecnopop manifestatasi agli umani in quel del 2003, è figlia lontana ma inconfutabile di Erik Satie e John Cage. No? Beh, leggetevi questo libro. Perché – tre – Morley riesce a rendere perfettamente evidenti le connessioni più imprevedibili e insospettabili della musica, accendendo continuamente sinapsi nel vostro cervellino. Quattro, Morley è un grande scrittore punto e basta. Capace di evocare paesaggi immaginari che oggettivizzano idee musicali, filosofiche. Il bello è che lo fa emozionandovi. Perfino quando snocciola liste e cronologie che durano pagine. Questo è uno di quei libri di cui non ci si sazia, in cui passione e ragione copulano senza mai smettere, che si vorrebbe divorare tutto di un colpo e ricominciare da capo. Lui lo sa, e ci gioca, vedrete. Imprescindibile.
Articolo del
24/06/2005 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|