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Strano libro, questo di Paolo Denti, uno che ha alle spalle la scrittura di canzoni per lo Zecchino d’oro e ora pubblica una raccolta di racconti (?), favole (?), pezzi teatrali (?), apologhi (?), accompagnata da un cd dei Noxia, ensemble dedito a un elettronica che si ispira chiaramente a Dead Can Dance e al Battiato più sperimentale (ma sempre orecchiabile, eh”! Sfatiamo le leggende!). Ma perché i punti interrogativi? Perché all’inizio, leggendo questi racconti (?), non riuscirete a inquadrarli bene. Favole certo, e poi racconti, eccetera. Ma con la sensazione che non siano fatte/i per i bambini. Un qualcosa che non torna. Alla fine ti accorgi che queste fiabe sottintendono un fondo di sapere sapienziale, antico, quasi esoterico, che la polemica contro il mondo contemporaneo e la disumanizzazione che esso comporta (la mutazione antropologica di cui parlava Pasolini) non sono condotte in nome di un puro e semplice e impossibile ritorno al mondo antico, ma invitano a un percorso di scoperta interiore, che diventa purificazione (non in senso ratzingeriano o binladeniano, tranquilli). Una sorta di opera alchemica da realizzare su se stessi. E piccole spie risono anche in copertina: sarà un caso, ma a fianco del titolo compaiono tre barre di colore nero, rosso e bianco. Ovvero i tre stadi dell’opera alchemica. Così come quella specie di cranio (ma cosa sarà?) su sfondo nero. È il punto di partenza, la nuda res da sublimare e che al tempo stesso è dimenticata e sepolta da mille illusioni odierne. Che in primo luogo distruggono la capacità di sognare. Che non è solo fantasticheria infantile. Ma anche immaginare ideali e mondi possibili, diversi dallo squallore economico del presente. È un libro inattuale, anche per la scrittura, aliena dall’oggi, a tratti semplice come nei libri di lettura delle elementari di qualche decennio fa, a tratti intricata e involuta in modo quasi inestricabile. Ma proprio nella sua inattualità, sta la sua amibizione: porsi fuori dal tempo e dal sentimento dell’epoca, insegnava già Nietsche, significa ambire all’immortalità. Non credo che questo libretto la raggiungerà. Ma è comunque interessante e sorprendente, una volta superati l’impasse e l’irritazione iniziali. E francamente siamo stufi di libri che confermano le idee che avevamo già sul mondo. Abbiamo bisogno di scosse e sorprese. Paolo Denti, nel suo piccolo, le offre. C’è anche un cd, si diceva. Già, perché il progetto vorrebbe essere multimediale e forse teatrale. Dead Can Dance e Battiato si diceva. L’influenza del catanese è palpabilissima nel primo e nell’ultimo brano, “Corpus ego niger (parte I)” e “Corpus ego niger (parte II)” (ancora l’alchimia…). Altrove prevale un elettronica sostenuta da percussioni tribali su cui la voce di Maria Loscerbo recita brani del libro, avvicinandosi perfino alle modalità compositive di Jocelyn Pook (dai, quella della scena dell’orgia in “Eyes wide shut” di Kubrick). Buon complemento al libro, gradevole sottofondo. Nulla di nuovo però.
Articolo del
10/12/2005 -
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