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Finalmente tradotta anche in italiano la più famosa ed attendibile biografia di Nick Drake che sia mai stata data alle stampe. L’ha scritta Patrick Humphries nel 1997, la traduce adesso Chiara Veltri per la collana Rock People curata da Gianfranco Salvatore. Sarà l’occasione giusta per quanti, interessati al folk revival e alla cultura underground, volessero ripercorrere a ritroso le tappe musicali e i momenti esistenziali di questo giovane musicista inglese, nato in Birmania, ma rampollo dell’alta borghesia britannica, ricco di talento, legato a nomi illustri della scena musicale degli anni sessanta, quali John Martyn, Richard Thompson e John Cale, autore di album straordinari come “Five Leaves Left”, “Bryter Layter” e “Pink Moon”, un poeta delicato e sensibile, che ci ha lasciato a soli ventisei anni d’età. Il libro è così bello ed appassionante che si legge di getto, meglio se lo fate con i suoi dischi in sottofondo (se non volete comprarli tutti, procuratevi almeno “Heaven In A Wild Flower”, è una compilation ok, ma è fatta molto bene). Quando Nick aveva due anni, la famiglia tornò in Gran Bretagna e si stabilì vicino a Birmingham. Particolare da non sottovalutare, anche la madre di Nick scriveva canzoni, e a sedici anni Nick era già molto bravo con la chitarra. Studiava letteratura a Cambridge, era molto bravo e stimato da tutti, per quella sua eleganza naturale, mista ad una profondo riservatezza. Musicalmente era attratta dalle canzoni di Donovan, di Van Morrison, di Tim Buckley e dei Traffic di Steve Winwood, e cominciò a produrre un suo repertorio originale, semplice, una sorta di folk acustico influenzato dal blues. Fu Ashley Hutchings dei Fairport Convention a capirne per primo le grande potenzialità e a segnalarlo al produttore Joe Boyd. Pubblicò “Five Leaves Left”, il suo primo long playing e da quel momento in poi cominciò la sua stagione artistica fatta non tanto di episodi di morbida introspezione quanto di momenti di sublime percezione, ispirato come era dagli elementi della Natura. Purtroppo Nick Drake non scriveva musica commerciale e il fallimento sotto il profilo delle vendite di “Bryter Layter”, il suo secondo album, lo gettò nello sconforto più assoluto. Cominciò a soffrire di depressione e a sparire per lunghi periodi senza dare notizie di sé. Al ritorno da un suo viaggio in Spagna scrisse “Pink Moon”, il suo terzo ed ultimo album, forse il suo disco più bello in assoluto. Bravo con la chitarra e con il pianoforte, estremamente lirico ed evocativo nei testi delle sue canzoni, Nick non aveva però grandi capacità nell’affrontare la vita, assumeva dosi sempre più massicce di farmaci antidepressivi e la mattina del 25 Novembre del 1974 la madre lo trovò morto nel letto. Tutti parlarono di suicidio, in realtà Nick stava cercando di riprendersi e in quelle medicine pensava di trovare un aiuto nel ripartire daccapo, per una nuova vita. Quando Joe Boyd vendette la sua etichetta alla Island Records, una delle sue condizioni fu quella che i dischi di Nick Drake non dovevano mai andare fuori catalogo. Ascoltateli e ne capirete il perché.
Articolo del
07/12/2006 -
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