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Robert Dimery
1001 album da non perdere
2006
Atlante
di
Claudio Biffi
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Nella prefazione di Michael Lydon, uno dei fondatori della rivista Rolling Stone si ripercorre il cammino di quella che può definirsi una vera e propria rivoluzione culturale nel modo di ascoltare e fare musica dagli anni 50 ad oggi, quasi a descrivere il cerchio di un processo durato mezzo secolo e iniziato con la produzione dei 45 giri in vinile per giungere agli attuali Mp3 digitali ma con il comune obiettivo di lasciare un segno tangibile del proprio tempo. Quello di ripercorrere storicamente con i passaggi più importanti attraverso le opere che gli artisti ci hanno lasciato nei più disparati generi musicali è il filo logico che accompagna l’intera raccolta di schede che per il curatore del libro Robert Dimery hanno segnato in qualche modo gli ultimi 50 anni di storia musicale e non solo. Per Lydon “l’album così come lo conosciamo, si è imposto da molto tempo come un oggetto significativo della cultura popolare. Se i singoli possono essere accostati alle riviste e ai programmi Tv, gli album sono come i libri o i film, hanno un forte impatto e mantengono un certo peso nel tempo”. Per certi versi questa sintesi è condivisibile, ma mi resta la convinzione che sia molto più soggettivo il legame tra un certo periodo della propria vita e una categoria musicale, sia un singolo oppure un intero lp, addirittura una copertina dei vecchi vinili che magari ha molto più signifcato della singola canzone contenuta. E’ una specie di legame “morboso” che per certi versi avvicinava ieri i preziosi vinili e oggi i Cd a delle vere e proprie opere d’arte che noi custodiamo gelosamente come si conservano i libri o i quadri. Di sicuro Dimery ce l’ha messa tutta per inserire i dischi più significativi degli ultimi 50 anni e ha cercato di non escludere nessun genere musicale o artista che ha contribuito a segnare lo scorrere del tempo, la prima scheda è su Frank Sinatra con “In The Wee Small Hours” del 1955 mentre l’ultima è per The White Stripes con “Get Behind Me Satan” del 2005, e ci tiene inoltre a precisare che la scelta è quanto mai soggettiva e si avvale della preziosa collaborazione del responsabile del progetto editoriale Tristan de Lancey. La compilazione delle schede è affidata agli scrittori delle migliori testate musicali in giro per il mondo ma anche da giornalisti “free-lance” e non si limita solo all’analisi dei brani del singolo disco ma inquadra la genesi dello stesso con dettagli interessanti legati al contesto generale del momento mentre le specifiche tecniche (etichetta, data, elenco dei brani, etc.) si riferiscono alla prima uscita nel paese d’origine degli artisti. Non sono considerate le compilation e le colonne sonore composte da “artisti vari” tranne quelle realizzate con materiale composto da un unico artista, sono inoltre escluse dall’elenco dei brani le “bonus track” in quanto non fanno parte della prima edizione mentre vengono citati i pezzi particolarmente famosi aggiunti nella ristampa di un album e in molti casi sono citati gli autori del progetto grafico delle copertine, veri e propri visionari molti dei quali semisconosciuti. Un opera quindi meritoria, forse un po’ troppo mirata alla musica anglosassone, ma che suscita curiosità anche per chi è convinto di conoscere tutto o quasi tutto della recente storia della musica e vedrete che per molti casi riserverà delle vere e proprie sorprese!
Articolo del
09/01/2007 -
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