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Correvano gli anni quaranta, il Po era trasparente da nuotarci dentro, la radio e le sale da ballo incominciavano a diffondere il fascino americano del jazz ed un gruppo di ragazzi viveva la dittatura in una grigia Torino. Sono gli anni in cui, poco più che ventenni, si incontrano Leo Chiosso e Ferdinando Buscaglione: il primo immaturo liceale alle prese con le prime cotte e la passione per il jazz e la scrittura artistica, il secondo immaturo uomo e musicista che inizia a farsi notare nelle balere durante le pause delle orchestre in cui suonava il contrabbasso: “...dopo le undici, quando sono finiti i paso doble, i valzer, le rumbe e la rottura dei tanghi. Sullo sfinimento generale della serata, riesco a ritagliarmi quel quarto d’ora che mi aiuta a rinvenire...” diceva il giovanissimo Fred; sì, quel quarto d’ora in cui il nostro, lasciato l’ingombrante quattro corde ed imbracciato il violino, propone pezzi d’oltre manica da Louis Armstrong a Joe Venuti, risollevando così la quasi scemata attenzione generale. Sono gli anni in cui “l’uomo dal whisky facile” affermava ad Angelo Nizza (noto autore radiofonico dell’epoca) che gli offriva il super alcolico: “Sarà anche, come dicono, un nettare degli dei, ma mi scusi, dottore, a me è sembrato acido fenico. Penso che non ne berrò mai più, lo giuro”. E poi la guerra! Tre anni in cui lo scrittore ed il musicista si perdono di vista senza sapere l’uno le sorti dell’altro, fino a quando in un campo di internamento militare in Polonia, un italiano compagno di ridotta di Chiosso, capta durante la riparazione di un trasmettitore, Radio Cagliari con lo Psycological Warfare Branch inglese in cui veniva annunciato il brano Sweet Georgia Brown suonato da Buscaglione e Pisano. Finita la guerra i due si ritrovano nell’amata e disastrata Torino e di lì a poco cementano la loro amicizia ed iniziano un sodalizio artistico fortissimo: “Decidemmo di cantare non d’amore ma di passioni. Non di tramonti strappa lacrime, ma di albe col mal di testa per i whisky facili. Non di occhi tremolanti d’amor, ma di occhi pesti a causa di una rissa per i favori di una bionda Modello 103”. Le canzoni nascevano da un immaginario popolare italiano passato attraverso filtri made in USA e così “Dalla voglia di fare l’America in Italia, nacque una Torino che puzzava di Chicago anni Venti...” e venivano poi testate dentro un ristorante popolare: l’”Imbattibile Scudo”. Il successo fu assicurato dal fatto che i testi erano storie talmente credibili (e non surreali e sdolcinate alla Mariù), che gli uditori volevano sapere dove abitasse Sugar Beam o che fine avesse fatto la casalinga di nome Teresa: “Le nostre canzoni erano come un uppercut alla mascella del pubblico. Uomini e donne erano intontiti da Sanremo e dalle legnosissime cover americane.” In una Torino piena di fermento artistico capitava così di entrare in uno scantinato e trovare Louis Armstrong che in un dopo concerto se la spassava in una jam session con Fred Buscaglione e Liza Minelli. Scopriamo così il Fred che non ti aspetti: mai ubriaco, amante dell’italico vino rosso più che del whisky, puntuale e professionale direttore d’orchestra, sposato in chiesa con una donna musulmana, innamorato e fedele. Un libro umano come profondamente umani ne sono i protagonisti e tutti gli aneddoti del caso. La storia di un musicista vero, di un genuino uomo di spettacolo, tagliato per fare quello e null’altro. La realtà di uno dei pochi veri talenti italiani, che come tutti i grandi... se n’è andato troppo presto.
Articolo del
30/04/2007 -
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